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Emarginazione

Ferrara, i portici casa dei senzatetto

Alessandra Mura
Ferrara, i portici casa dei senzatetto

Piazza Gobetti e via Fausto Beretta stanno diventando dormitori a cielo aperto

27 aprile 2024
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Ferrara A mezzogiorno, sotto i portici di via Fausto Beretta accanto agli uffici comunali chiusi, due senzatetto stanno ancora dormendo della grossa su letti di cartone, avvolti in una coperta e in un piumino sotto cui è quasi difficile riconoscere fattezze umane. Qualcun altro invece ha scelto come dimora piazza Gobetti: ieri mattina i plaid che di notte diventano un giaciglio erano sistemati - anche con un certo ordine - a mo’ di sedile, come un divano letto di fortuna.

Nessuna traccia degli occupanti, ma due grosse sporte piene zeppe di bottiglie vuote raccontano molto delle loro giornate randage. Per i negozianti nella zona sono diventati presenze abituali: «In genere sono due, a volte tre. Saranno qui da un mese, anche nei giorni in cui faceva più freddo. Abbiamo segnalatola cosa più volte: arrivano le forze dell’ordine e li fanno sgomberare, e nel giro di mezz’ora tornano di nuovo. Non è che danno fastidio, non abbiamo mai avuto particolari problemi con loro; a volte entrano e chiedono di poter usare il bagno, e noi li lasciamo fare per permettere che si diano una ripulita ed evitare che sporchino in strada».

Se alla mensa della Caritas e di Viale K o alle distribuzione di viveri nelle parrocchie confluisce molta della povertà cittadina sommersa e insospettabile, le tracce di queste vite sradicate spiccano sui marciapiedi come spie accese su un’emergenza che non è possibile ignorare o pensare di risolvere togliendo le panchine o chiudendo i parchi, come osserva chi - arrivando al lavoro - ha sotto gli occhi tutti i giorni questi accampamenti improvvisati: «Se allontani queste persone da una zona, non faranno altro che spostarsi altrove, e siamo daccapo».Il problema in ogni caso non è di facile soluzione, interviene il fondatore dell’associazione Viale K, Don Domenico Bedin: «Conosciamo molto bene questa situazione, io stesso ieri sera (giovedì, ndr) sono andato verso le 22 in via Fausto Beretta, ma non c’era ancora nessuno. Si tratta di casi particolarmente difficili, di fronte ai quali si è indotti quasi ad arrendersi. Più volte queste persone sono state contattate dai Servizi sociali o da associazioni di volontariato come "Un tetto di cuori" o la stessa Viale K, e se per alcuni si è arrivati a una collocazione in dormitorio, con altri cinque o sei si finisce in un vicolo cieco perché non accettano di entrare in una struttura e di coabitare con altri, e se lo fanno assumono comportamenti incompatibili e ingestibili. Così preferiscono stare per la strada e rimanere per conto loro».

D’altronde, continua Don Domenico «nessuno può obbligarli o costringerli, e purtroppo bisogna ammettere che anche quando dai loro una possibilità, la bruciano, con pretese fuori portata. Ma limitarsi a dire che tanto sono loro a non voler essere aiutati non deve diventare il pretesto per lavarsene le mani, perché è una questione che riguarda tutta la città. Non dimentichiamo che soprattutto in inverno il tema, come è noto, riguarda anche il pronto soccorso. È una questione molto complessa alla quale non si possono fornire risposte semplici. E dove si deve anche capire entro quali limiti è giusto intervenire».

Ci sarebbe bisogno invece - conclude Don Bedin - «di un sistema di accoglienza specifico per queste persone, perché il solo volontariato e l’attuale organizzazione sociosanitaria non sono in grado di affrontare questa emergenza. Occorre sedersi tutti attorno a un tavolo, senza che nessuno si senta antagonista, per ragionare sul modo migliore per togliere questa gente dalla strada. Le strutture di coabitazione collettiva si sono rivelate inadeguate perché si tratta di ospiti problematici e insofferenti della vicinanza degli altri. Si dovrebbero cercare soluzioni abitative anche minime, ma individuali, con operatori esperti in dipendenze perché la fonte del disagio è lì, e trascina con sé anche la violenza e la rassegnazione a lasciarsi andare»