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Bar obbligato a chiudere a Vigarano, ma sei anni dopo arriva il risarcimento

Daniele Oppo
Bar obbligato a chiudere a Vigarano, ma sei anni dopo arriva il risarcimento

Nel 2018 la prefettura impose al Comune la chiusura dell’Eden. Per il Consiglio di Stato il provvedimento era irrazionale e dispone un indennizzo

08 maggio 2024
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Vigarano Mainarda Per i titolari del bar Eden ci sono voluti quasi sei anni per ottenere piena ragione dopo aver dovuto tenere forzatamente abbassate le serrande per 8 mesi e 20 giorni. La revoca della segnalazione certificata di inizio attività (più nota con il suo acronimo: Scia) disposta dall’allora sindaca di Vigarano Barbara Paron su richiesta - o, meglio, imposizione - della Prefettura, era del tutto illegittima. E per quella decisione, il Tribunale amministrativo dell’Emilia-Romagna ha condannato la Prefettura a pagare un risarcimento del danno quantificato in a 13.447 euro, oltre duemila euro di spese di giudizio.

La prima chiusura Il 21 giugno del 2018 il bar venne chiuso per 15 giorni dal questore, dopo che era stato appurato che nel locale erano stati venduti alcolici a dei minorenni. Nello specifico a una ragazza di età di poco inferiore a 18 anni che, nello stesso giorno, si era recata per due volte per acquistare alcol per il suo gruppo di amici: un 14enne finì all’ospedale, intossicato dall’abuso di alcol. Il locale rispettò la sanzione, e pagò anche le multe senza contestare nulla.

La seconda chiusura Appena tre giorni dopo la riapertura, ecco arrivare un’ordinanza del primo cittadino: Scia revocata e cessazione immediata dell’attività. Non fu una decisione autonoma della sindaca Paron, ma vincolata da quanto disposto dalla Prefettura.

Ricorso respinto Il Tar aveva dato inizialmente ragione al Comune vigaranee e alla Prefettura, respingendo il ricorso presentato dal titolare del locale, la società Meganova Snc di Zu Shengqing e Zhu Lifen.

Appello La musica è però radicalmente cambiata davanti al Consiglio di Stato, davanti al quale la società ha proposto appello, trovando subito un iniziale accoglimento già in sede cautelare, con la sospensione dell’efficacia della sentenza del Tar, e poi anche nel merito con l’annullamento di tutti gli atti impugnati.

Particolarmente severo appare il giudizio sul provvedimento adottato dalla Prefettura (che ha poi condizionato il Comune): per i giudici del Consiglio di Stato era viziato da «irrazionalità manifesta» perché adottato senza il necessario rispetto del principio di proporzionalità: non ha nemmeno provato a dimostrare che la chiusura disposta dal questore non fosse stata già una sanzione sufficiente. Da ciò nasce la successiva condanna al risarcimento del danno.

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