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L'intervista

Spal, a Mirabello la festa per il compleanno di Walter Mattioli

Maurizio Barbieri
Spal, a Mirabello la festa per il compleanno di Walter Mattioli

Emozioni, ricordi e aneddoti: l'ex presidente – oggi 72 anni – a ruota libera sui biancazzurri, si celebrano anche i 51 anni del Club dei tifosi

07 maggio 2024
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Mirabello Walter Mattioli giunto a Mirabello per presenziare alla festa del locale club biancazzurro che ha festeggiato i 51 anni di attività e per presentare il proprio libro, scritto con Enrico Menegatti e intitolato “Dal sogno alla realtà” (Edizione Minerva, 336 pagine), non si è sottratto alle domande che gli sono state rivolte dai giornalisti e dai presenti al “PalaCotoletta”.

«Mi piace essere in mezzo a quella che considero la mia gente. Mi fa sentire vivo. Sono andato ovunque dove sono stato chiamato: questa credo sia la presentazione numero 25. Lo sapete che la Spal è stata ed è la mia vita, anche se non ne sono più il presidente – ha sottolineato Mattioli, che oggi compirà 72 anni – i colori biancazzurri li porto nel cuore e li avrò sempre qui».

Non ha mai pensato di ritornate nel mondo del calcio dove è sempre vissuto anche con un club diverso dalla Spal?

«Ho ricevuto proposte sia da parte di squadre dilettantistiche sia professionistiche, ma finora ho sempre rifiutato. Alla Spal certamente ritornerei qualora ci fosse una proprietà diversa e con programmi ben definiti».

Qualche partita la va a vedere?

«Sì, ci vado abbastanza spesso e altre gare le vedo in televisione. Vedo partite di dilettanti e anche di categorie superiori, ma non sono più andato a vedere la Spal allo stadio. Sia chiaro, alla Spal auguro tutto il bene possibile».

Che effetto lei ha fatto la prima volta che è andato a Milano alla prima riunione in Lega?

«Un’emozione indescrivibile, per uno come me nato e vissuto in un paesino di 700 abitanti come Masi San Giacomo, che ha giocato e ha presieduto una società che ha iniziato dalla Terza categoria. Ero seduto accanto al presidente del Bologna Saputo e all’ad Fenucci e poco più in là Carnevali del Sassuolo. Noi emiliani e i presidenti delle piccole squadre tutti vicini, mentre più in alto i vari Agnelli, De Laurentiis, Lotito, ossia i presidenti di club importanti. “Qui si parla solo di soldi e si litiga sempre”, mi disse Carnevali. In effetti, si parlava di cifre colossali, per me che ero abituato a parlare di pochi milioni di euro. C’erano in ballo i diritti televisivi con Sky e si parlava di oltre 100 milioni di euro. Una torta su cui volevano mettere le mani i presidenti dei principali club, lasciando le briciole alle piccole società. Durante la prima riunione mi ero dimenticato il cellulare acceso e squillò alcune volte proprio mentre stavo parlando, poi decisi di rispondere e dall’altro capo del telefono era Delfo Verri, presidente dello Spal Club Mirabello, che mi invitava alla sagra della porchetta».

È rimasto in rapporti con qualcuno di loro?

«Certo. Fenucci m’invita spesso a vedere le partite del Bologna. Ottimi rapporti anche con Carnevali e con la famiglia Percassi dell’Atalanta, club con il quale abbiamo compiuto diverse operazioni di mercato, così come sono tuttora in contatto con tanti giocatori che hanno fatto parte delle mie squadre, sia alla Giacomense sia alla Spal».

L’errore più grande che ha commesso?

«Esonerare Semplici. Doveva rimanere con noi fino alla fine. Invece accettai di sollevarlo dall’incarico e scegliemmo Gigi Di Biagio, il solo tra quelli contattati che accettava di allenare un club per pochi mesi, mentre gli altri chiedevano contratti più lunghi. Quell’anno, però, non era iniziato bene. Dopo la prima partita, dove fummo sconfitti dall’Atalanta, a fine gara Semplici chiese una riunione con la società, cosa mai fatta prima dopo la fine di una partita. Dissi che si poteva fare all’indomani. Dopo una partita persa non si è mai sereni, ma Semplici insistette e ci disse in pratica che servivano rinforzi. Già in estate c’erano stati alcuni problemi, con lo stesso Semplici che non si decideva a firmare, in quanto aveva avuto altre richieste e doveva valutare. Siamo andati per le lunghe e, dopo un’attesa di qualche settimana, dissi al mister: Che facciamo? Andiamo o stiamo?».

Con Vagnati c’è ancora una ferita aperta?

«Con Vagnati ci conoscevamo dai tempi della Giacomense, da quando giocava, prima d’iniziare a fare il direttore sportivo. Ad aprile mi disse che aveva ricevuto una proposta da un club importante (il Torino) e chiese di essere lasciato libero. Parlai con la famiglia Colombarini e mi dissero “lascialo andare”. Ci sono rimasto male. Se c’era da affondare, si affondava tutti insieme».

Con la famiglia Colombarini i rapporti come sono attualmente?

«Non abbiamo alcun tipo di rapporto».

Un episodio curioso che le è capitato nei lunghi anni della sua carriera?

«Ne avrei mille e diversi li racconto nel libro. Scegliendone uno, ricordo Borriello. Credevamo molto in lui. Veniva da una stagione al Cagliari dove aveva realizzato credo 16 gol e per noi doveva essere il bomber di razza. Al Centro di via Copparo a quei tempi c’era un gran numero di persone, specialmente donne, che lo attendevano all’uscita, ma Borriello era sempre l’ultimo, faceva docce interminabili. Una sera nel parcheggio c’erano tantissime ragazze, poi, dopo due ore di attesa, ne era rimasta solo una. Mi avvicinai e le chiesi cosa aspettasse. Mi disse che voleva vedere e abbracciare Borriello. Ritorno negli spogliatoi e dissi a Borriello di fare in fretta, in quanto all’esterno c’era una bellissima ragazza che lo stava aspettando. Borriello si vestì in fretta, uscì e questa donna lo baciò e se ne andò. Lui mi fermò e mi disse: “presidente non mi faccia mai più uno scherzo del genere”. Non era giovane e neppure bella!».

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