La Nuova Ferrara

L’analisi

Il valore della diversità, tra vera inclusione opportunismo e strategie di marketing

Il valore della diversità, tra vera inclusione opportunismo e strategie di marketing

3 MINUTI DI LETTURA





La diversità è un concetto che negli ultimi anni ha assunto una centralità senza precedenti, emergendo come uno dei temi più dibattuti nei media, nella politica e nel mondo del business.
Ma cosa si intende esattamente per diversità? Secondo il vocabolario Treccani, la diversità si riferisce alla «condizione di chi è, o considera sé stesso, o è considerato da altri “diverso”». In ambito sociologico, essa rappresenta il grado di differenza tra le caratteristiche sociali, culturali e identitarie dei membri di un gruppo. La diversità può quindi riguardare vari aspetti: genere, etnia, religione, orientamento sessuale, disabilità, estrazione socio-economica e molto altro. In Italia, il fenomeno della diversità è testimoniato da dati demografici significativi. Secondo l’Istat, la percentuale di stranieri residenti nel nostro Paese è passata dal 3,7% nel 2001 al 9,1% nel 2021, un aumento che riflette la crescente presenza di persone di origine diversa nella società italiana.
Ma questi numeri si traducono in una reale integrazione o restano semplici statistiche? Secondo una ricerca condotta da Ipsos nel 2022, solo il 30% degli italiani ritiene che l’equità sia garantita per tutti nel Paese, mentre il 70% percepisce ancora discriminazioni legate all’origine, al genere o all’orientamento sessuale. Nel mondo aziendale, la diversità è diventata un valore sempre più dichiarato e promosso. Le grandi imprese hanno integrato la diversità nelle loro politiche ufficiali e nelle strategie di comunicazione, e non è raro vedere pubblicità che enfatizzano una pluralità di generi, etnie e orientamenti sessuali. Tuttavia, si tratta di un impegno autentico o solo di un’operazione di facciata? Un rapporto di McKinsey & Company ha evidenziato che le aziende con una maggiore diversità nei loro team dirigenziali ottengono performance finanziarie superiori del 25% rispetto alle aziende meno inclusive. Il dato suggerisce che l’investimento nella diversità non sia solo un valore etico, ma anche una scelta economicamente conveniente. Eppure, la realtà interna alle aziende italiane non sembra ancora rispecchiare pienamente questi principi.
Un’indagine condotta da EY nel 2024 ha rivelato che solo il 6% delle aziende italiane sta realmente sviluppando una cultura inclusiva sul posto di lavoro, mentre la maggioranza si limita a iniziative sporadiche, spesso più orientate all’immagine che a un cambiamento strutturale. Inoltre, un rapporto dell’Istat e dell’Unar ha evidenziato che solo una minoranza delle imprese italiane con almeno 50 dipendenti ha adottato misure specifiche di diversity management per le diversità legate all’identità di genere e all’orientamento sessuale. Questo suggerisce che molte aziende promuovono la diversità più per rispondere a un’esigenza di mercato che per un autentico impegno verso il cambiamento. Un altro aspetto da considerare è il ruolo dei social media nella promozione della diversità. Negli ultimi anni, le piattaforme digitali hanno contribuito a dare visibilità a categorie sociali storicamente marginalizzate, ma spesso l’inclusione si traduce in rappresentazioni stereotipate, più orientate al marketing che a una reale accettazione delle differenze. Le immagini di persone “diverse” diventano prodotti da esibire, utilizzati per attrarre un pubblico più ampio, ma la loro presenza nei media non sempre si traduce in una maggiore inclusione nella vita quotidiana.
Anche il cinema e la televisione hanno iniziato a riflettere una maggiore pluralità di identità, ma il rischio della cosiddetta tokenizzazione – ovvero l’inserimento di personaggi “diversi” solo per rispettare criteri di rappresentanza senza una vera profondità narrativa – è sempre dietro l’angolo. Questa tendenza porta a un’apparente inclusione, ma non a un reale cambiamento culturale.
Antonia Daniele
Maria Vittoria Boldrini
IIIH

© RIPRODUZIONE RISERVATA