Bus, pochi e stracolmi. A Ferrara spostarsi è un’Odissea
Il tragitto casa-scuola e le mille sfide di ogni giorno: ritardi, mancanza di posti e corriere su cui non si riesce a salire
Ferrara I trasporti pubblici sono spesso oggetto di discussione. E quando se ne parla non emergono quasi mai giudizi positivi. Chiedete ad un pendolare: vi dirà che gli autobus sono sporchi e sempre pieni; che i treni sono in ritardo; che i mezzi sono così datati che molto spesso i ragazzi si sentono dire dai genitori: “ma sai che andavo alle superiori con lo stesso treno?”. Ogni volta che c’è uno sciopero è una sfida tornare a casa e il costo degli abbonamenti è ingente. Un altro problema percepito è la scarsa quantità dei mezzi nei paesi più piccoli: in molti luoghi passa un autobus alla mattina e uno al pomeriggio, limitante per chi si deve muovere saltuariamente, figuriamoci per un pendolare.
Insomma, usufruire dei mezzi pubblici è un po’ come giocare ai videogiochi. Nuovo giorno nuova sfida e quella più grande è tornare a casa. Il primo obiettivo è riuscire a prendere la corriera, o treno che sia; poi bisogna trovare posto e, se sei fortunato, ne trovi uno. Se sei in compagnia e ce ne sono due è come vincere al SuperEnalotto. Ma la vera sfida comincia quando devi chiedere a qualcuno se puoi sederti in un posto vuoto. Perché molto spesso o ti dicono che è occupato (da un fantasma forse) o fanno finta di dormire per non farti sedere. Oppure c’è chi ti guarda come se gli avessi chiesto di riscrivere l’Odissea in dialetto sardo. E finalmente se il destino è dalla tua parte, dopo aver elemosinato ad almeno quattro persone, riesci a sederti.
Alcuni potrebbero pensare che sia un’esagerazione, che non sia necessario lamentarsi così tanto e che non si possa pretendere la perfezione. È proprio vero: d’altronde, perché migliorare una linea elettrificandola quando esistono i treni diesel, molto più efficienti e più resistenti? E poi perché al ritorno vogliono tutti stare seduti? sono stati seduti per sei ore a scuola… chiamiamolo sarcasmo, meglio rifarsi a quello.
Altri potrebbero dire che gli inconvenienti sono pochi e rari. Purtroppo non è proprio così: sono all’ordine del giorno e avanzare reclami non serve a molto. Immaginiamo un 15enne che prende i mezzi di trasporto pubblico quotidianamente per andare a scuola. La mattina di uno dei primi giorni di scuola arriva alla fermata con la corriera e aspetta l’autobus urbano. Come sempre, alla fermata c’erano moltissimi studenti e, date le esperienze precedenti, aspettarsi che la navetta sarebbe stata piena era il minimo. Dopo circa venti minuti di attesa vede in lontananza il mezzo arrivare. Subito cerca di capire dove avrebbe potuto fermarsi così da salire per primo e sperare di trovare un posto. Ma i calcoli si sono rivelati sbagliati: il bus si ferma prima. Corre alla porta anteriore e si accorge che la corriera straripa di ragazzi, così si dirige a quella posteriore. Stessa situazione; nel mentre sembrava che davanti si fosse liberato qualche posto. Guarda, ma troppo tardi: di posti non ne era rimasto nemmeno uno e così l’autista chiude le porte eriparte. Decine di pendolari appiedati e intanto il bus si allontana, insieme all’unica possibilità di andare a scuola. È in quel momento che emerge nella mente la discrepanza tra le cifre spese per l’abbonamento e non riuscire nemmeno ad usufruire dei servizi legati ad esso, uno su tutti salire su un autobus in città. Sblocca il cellulare, vede l’ora, ormai si fa tardi e il rischio di arrivare in classe dopo il suono della prima campanella sempre più concreto. Resta però un’alternativa: mettere un piede davanti all’altro e farlo anche piuttosto velocemente per evitare ritardi. La camminata dura mezz’ora, ed ecco la scuola: “grazie” trasporto pubblico. Questa è una delle giornate tipo degli studenti pendolari: un disagio continuo e inaspettato, che negli anni dell’adolescenza ti forgia a gestire gli imprevisti come nient’altro nella vita. Una soluzione efficace è sempre di buon auspicio, perché usufruire di un buon sistema di trasporto pubblico non dovrebbe essere un miraggio, ma un diritto. Ah, e quel ragazzino di 15 anni ero io.
*classe 3A Liceo Ariosto
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