La Nuova Ferrara

Ferrara

La colonizzazione di quel territorio divenne una sorta di laboratorio ferrarese

La Libia di Italo Balbo

A sinistra Italo Blabo governatore di Libia A destra l’arrivo a Tripoli con la moglie il 15 giugno del 1936
A sinistra Italo Blabo governatore di Libia A destra l’arrivo a Tripoli con la moglie il 15 giugno del 1936

Gli avvenimenti di oggi riletti con le azioni del governatore

28 febbraio 2011
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 FERRARA. "Sembrava che l'arte del colonizzare non fosse una delle virtù dell'italiano; o per dir meglio gli altri l'hanno creduta. Questa convinzione si era radicata nell'animo dei popoli europei, che videro per tanti secoli l'Italia percorsa e abitata da genti diversissime. Dalla caduta di quella meravigliosa opera d'arte politica quale fu l'Impero romano, gli Italiani sembrano perdere lo spirito colonizzatore, quasi si fossero esauriti nella creazione dell'Impero. Soltanto apparenza: chè l'idea colonizzatrice si conservó salda ed efficace, sotto altra forma, nelle grandi repubbliche marinare. E senza volere fare delle frasi belle, o ripetere qui ció che è scritto nella storia umana con caratteri di eternitá. Roma cristiana non è forse la più grande e alta colonizzatrice? Ci fanno un po' ridere i Tedeschi di Hitler quando si sforzano di imitare Roma e vantano diritti di superioritá sugli Italiani. La solita favoletta del ranocchio e il bue".  MENTI LATINE. "E' stato detto per ironia, che gli Italiani scrivendo di qualsiasi argomento, piglian le mosse dal diluvio universale. Ecco, infatti, che scrivendo di Balbo mi son trovato a parlar di Augusto e dell'antica Roma. Per forza. Tutto ció che è grande fu partorito dalle menti latine, ed in ogni italiano c'è un piccolo Cesare. Ecco qua un Uomo che fino a poco a tempo fa portata per i cieli del mondo le aquile di Roma mussoliniana ed oggi in Africa organizza e legifica con lo stesso entusiasmo".  LA RIVISTA. Così si legge in un articolo, firmato Aner, dal titolo "Balbo colonizzatore" su Rivista di Ferrara (diretta da Nello Quilici) del febbraio 1935, sull'attivitá di Balbo governatore in Libia. Al di lá dell'agiografia sul novello piccolo cesare ci è parso particolarmente interessante il cenno sui "Tedeschi di Hitler invidiosi degli italiani" di cui da lì a poco saremo diventati stretti alleati.  Nel 1935 Balbo organizzava e legiferava in Libia giá da un anno, infatti era stato proclamato il Governatorato Generale della Libia (con l'unione della Tripolitania e della Cirenaica) nel 1934.  L'attivitá di Balbo come governatore della Libia è nota nelle grandi linee (vedi fra gli altri i testi di Rochat Italo Balbo, Torino 1986, di Angelo del Boca Gli Italiani in Libia Laterza 1986, Dal fascismo a Gheddafi Laterza 1988), purtroppo le gravi lacune degli archivi coloniali e il ritardo degli studi africanistici rendono difficile un approfondimento "dalla parte dei libici", ossia una valutazione degli effetti della colonizzazione italiana sulla societá araba.  LA REPRESSIONE. Si sa che Balbo andó in Libia a malincuore, poi si appassionó al nuovo compito. Nel Nel 1934 trovava una Libia "pacificata" dopo la dura repressione della resistenza delle tribù seminomadi dell'interno (secondo lo storico del Boca circa 40.000 libici morirono, in lager italiani della Cirenaica, di fame, di forca, di malattie) non aveva grandi mezzi per una ricostruzione su larga scala, quindi, come afferma Giorgio Rochat, la sua attivitá rimase nei limiti di un'amministrazione ordinaria, di buona efficienza (vennero realizzate diverse infrastrutture), con uno sviluppo della presenza italiana a Tripoli e Bengasi, ma senza la possibilitá di trasformazioni incisive. L'opera maggiore fu la costruzione della Litoranea, la rotabile lungo la costa che andava dal confine tunisino a quello egiziano (nel 1940 prenderá il nome di Balbia) che rispondeva soprattutto a esigenze militari e di immagine.  L'APERTURA. Verso i libici Balbo fu colonialista aperto, che non metteva in discussione il dominio italiano, ma cercava aperture e collaborazione con élites locali. Si batté quindi per conservare ai libici "meritevoli" il diritto di acquisire la cittadinanza italiana, che con molte limitazioni avevano dal 1911; ma dovette accettare l'involuzione razzista della politica fascista, che nel 1938-1939 concesse ai "cittadini italiani libici" soltanto la possibilitá di diventare "cittadini italiani speciali", ossia discriminati e nello stesso tempo venne introdotta anche in Libia la nuova legislazione antiebraica, che Balbo applicó ai numerosi ebrei libici.  Balbo riuscì anche dalla Libia a mantenere viva la sua popolaritá e la sua immagine. Tripoli era una cittadina dimenticata, Balbo ne fece una piccola capitale, ristrutturandola con nuovi edifici, promuovendo fiere e convegni internazionali, manifestazioni sportive e folkloristiche, turismo di lusso e viaggi organizzati; il suo palazzo divenne una reggia sempre aperta a visitatori e giornalisti, con feste indimenticabili.  Nel marzo 1937 la Litoranea fu inaugurata da Mussolini con grossa eco anche all'estero: erano presenti schiere di giornalisti italiani e stranieri, parate guerriere e masse di arabi festanti, il tutto in una cornice di ospitalitá lussuosa come ha scritto Claudio Segrè: "i visitatori furono sorpresi di trovarsi a sorseggiare vini freschi in banchetti lungo la strada, serviti da camerieri in guanti bianchi, proprio in mezzo al deserto della Sirte".  L'IMMAGINE. In queste operazioni di immagine e non solo, (vennero edificate, nei limiti delle possibilitá, diverse infrastrutture degne di nota: strade, ponti, ferrovie, ospedali, porti, edifici), La Libia e Tripoli in particolare divennero una specie di laboratorio ferrarese. Balbo, infatti, nel suo programma di occupazione della Libia, dalla politica, all'economia, alla cultura si circondó non solo di ferraresi (economisti, artisti, agronomi, ecc), ma ideó una specie di modello "Ferrara" soprattutto, e non solo, negli aspetti che possiamo definire artistici: pittura, scultura, musica, ma anche urbanistica, agricoltura.  Chiamó da Ferrara artisti e maestranze (Lucio Scardino ha ricostruito un interessantissimo itinerario della Libia ferrarese) ricostruendo un cenacolo un'Officina Ferraese. In particolare ricordiamo la Mimì Quilizi Bozzacchi, Galileo Cattabriga, Aldo Chiappelli, Nives Casati, Mario Fabbri, Felicita Frai, Giuseppe Gatti-Casazza, Enzo Nenci. Fra le maestranze ricordiamo il muratore Alfredo Zagatti.  L'operazione balbiana più "geniale" fu l'insediamento di ventimila nuovi coloni nell'autunno 1938, avanguardia di una "colonizzazione demografica" che avrebbe dovuto popolare la Libia di agricoltori italiani. I Ventimila (1.700 padri con famiglie ricche di braccia) confluirono a Genova, Napoli e Siracusa con un susseguirsi di cerimonie e feste lungo il tragitto, si imbarcarono su un convoglio di 16 piroscafi passato in rassegna da Mussolini al largo di Gaeta: Balbo non dimenticava il duce né i giornalisti, che seguivano su una nave ben arredata; poi da Tripoli furono portati in camion fino ai poderi apprestati d'urgenza sulle terre meno aride della Tripolitania settentrionale e del Gebel cirenaico e attrezzati di tutto punto, con case coloniche fornite di olio, pasta, vino.  GLI ESPERTI. Anche in questo caso Balbo si circondó di agronomi, esperti agricoltori ferraresi e soprattutto di coloni provenienti dalla provincia di Ferrara. Gli emigranti provenivano per lo più dal Basso Ferrarese, Berra, Copparo, Codigoro, Lagosanto, Massafiscaglia, Mesola, Ostellato, Tresigallo. I sindacati fascisti dell'agricoltura avevano il compito di svolgere la propaganda e procedere al reclutamento delle famiglie, segnalando i nuclei che rispondevano ai requisiti richiesti sia dal lato politico-morale che da quello tecnico-sanitario. I criteri selettivi rispondevano all'esigenza, espressa da Mussolini, di potenziare, con la popolazione agricola, la trasmissione dei caratteri fondamentali della "razza", che doveva rispecchiare nel fisico e nel morale, nel carattere e nelle abitudini le qualitá dell'antica razza romana.  LE DOMANDE. Molte famiglie presentarono la domanda attratte dalla prospettiva di diventare proprietari di un podere da ottenere a riscatto, altre lo fecero cedendo alle pressioni più o meno palesi di tipo economico e politico, altre ancora, benché poco convinte, lasciandosi attrarre dalla propaganda capillare che se ne faceva.  La stampa locale, dal Corriere Padano alla Rivista di Ferrara diede la massima risonanza all'iniziativa del regime per convincere un gran numero di famiglie ad emigrare, esaltando la generositá del Governatore Balbo che concedeva tanto "privilegio" alla provincia ferrarese. L'esodo, come sopra citato venne riportato con grande enfasi dalla stampa e i festeggiamenti tributati forse aiutavano a non pensare al distacco.  NUOVA AMERICA. L'operazione insediamento coloni fu un successo straordinario in Italia e all'estero, la Libia italiana arrivó ad essere considerata la nuova "America". Furono fondati per i coloni 26 nuovi villaggi principalmente in Cirenaica, dove si ritrovano ancor oggi tracce di ferraresitá. Inoltre Balbo nel tentativo di assimilare i musulmani libici con una politica "amichevole" fondó nel 1939 anche 10 villaggi per gli Arabi e i Berberi libici, dotati di moschea, scuola, centro sociale, strutture: una novitá assoluta per il Nord Africa. In realtá la colonizzazione intensiva, se da un lato trasformó indubbiamente buona parte di quelle terre e aiutó a realizzare un'agricoltura libica, ebbe costi altissimi e prospettive economiche quanto mai precarie, giá prima di essere sconvolta dalla guerra.  TRESIGALLO. Come è noto Balbo morì nei cieli di Tobruk nel giugno 1940, anno in cui la Libia come l'Italia venne travolta dalla guerra. All'inizio della seconda guerra vi erano circa 120.000 Italiani e nel 1940 ne vennero rimpatriati 13.000 soprattutto bambini, i famosi "tripolini" che vennero ospitati in gran numero nel ferrarese, soprattutto a Tresigallo. Qualche anno fa si svolse un convegno a Tresigallo per ricordare i ragazzi della Quarta sponda che avevano trovato rifugio nel paese durante guerra, molte le testimonianze commosse dei protagonisti che a hanno evidenziato l'aiuto e l'affetto che hanno ricevuto da Tresigallo. Come è noto la storia dei coloni, degli italiani di Libia si conclude con la presa del potere di Gheddafi nel 1969. L'espulsione e la relativa confisca dei beni dell'intera comunitá italiana di Libia fu decretata nell'estate del 1970. Anna Quarzi Direttore Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara