La Nuova Ferrara

Ferrara

La figura controversa dell’architetto di regime

DI CARLO BASSI

Piacentini anche dopo la caduta del fascismo faceva il bello e cattivo tempo Sua la firma del palazzo dell’Upim nell’area del vecchio tribunale di Ferrara

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DI CARLO BASSI

Si sono svolti a Milano e a Roma, il primo il giorno 13 febbraio e il secondo il 15, due importanti incontri dedicati all’architettura moderna italiana. Il fatto singolare è che mentre a Roma si presentava un libro, in un clima di revisionismo strisciante, dedicato alla controversa figura di Marcello Piacentini, architetto principe del regime fascista, a Milano ci si dedicava all’opera degli architetti del Politecnico, cioè proprio a quei personaggi che nella loro opera hanno costantemente contrastato l’ invadenza politica e culturale del grande ras romano.

Erano gli architetti il cui operare si rifaceva al verbo razionalista europeo, concezione quasi calvinista dell’architettura elaborata fra Como e Milano negli anni Trenta in aperto contrasto con Roma, dopo i manifesti futuristi e le teorizzazioni del Gruppo Sette con un protagonista di spicco del quale si celebrava il centenario dalla nascita, l’architetto Cesare Cattaneo.

Nel giro di due giornate in luoghi diversi si è configurato uno spaccato esaminato a 360 gradi dei sofferti contrasti che hanno caratterizzato e lacerato l’architettura italiana nel ventennio fascista e dopo, cioè a cavallo della seconda guerra mondiale.

Il contrasto radicale fra Roma e Milano era incentrato sulla figura e l’opera di Marcello Piacentini ultimo esponente di una famosa famiglia di architetti che era diventato con Mussolini il vero e proprio gestore e il dominus dell’architettura italiana.

Ho parlato sopra di revisionismo strisciante perché oltre a sorridere ormai, sugli anatemi, sacrosanti, di Bruno Zevi e Cesare Brandi, contro l’opera e l’operare di Piacentini, recensori del libro ne illustrano il percorso con affermazioni di questo tipo:

«Voleva fondere il classicismo milanese di Muzio e del Gruppo Novecento, con il razionalismo del Gruppo Sette» (Pier Luigi Panza sul Corriere della Sera del 6 febbraio 2013), pensiero che alla luce dell’attività dei milanesi e del loro pensare è una vera e propria eresia.

Ma oltre al radicale contrasto fra Milano e Roma sui temi propri della concezione dell’architettura e dei suoi statuti, l’opposizione era fondamentalmente politica e si sa quanto questo fosse rischioso: la gestione del suo potere era a tutto campo e se lasciava sopravvivere enclave, come Como, dove Terragni aveva costruito la sua Casa del Fascio e Cesare Cattaneo la sua Casa dei Sindacati ambedue icone della architettura razionalista, lo faceva controllandole a vista e per pura e graziosa affermazione di potere.

Le architetture di Piacentini, negli anni del ventennio hanno occupato le città italiane.

Si pensi solo a Roma dove sua è la Città universitaria, ma doveva essere sua anche la E42 o EUR, il comprensorio urbano dove si sarebbe dovuta svolgere a guerra finita e vinta l’Esposizione Universale programmata per il 1942.

In questi grandiosi interventi era sua cura collocare inserti architettonici di suoi avversari che cedevano al ricatto della sua azione corruttrice o che vincevano concorsi appositamente banditi. Fra le città occupate dalle sue montagne di pietra, purtroppo c’è anche Ferrara, con un particolare singolare che documenta il suo strapotere. Si dice, ma non pare esistano documenti probanti, ma è verosimile, che Marcello Piacentini, per volontà della burocrazia fascista locale abbia soprinteso, risolvendo con modi brutali una questione urbana bruciante, al progetto e alla realizzazione nefasta dello “Sventramento di San Romano” operazione che ha fatto un deserto di un’area di straordinaria importanza storica e ambientale.

Quello che è sicuro è che l’edificio che i ferraresi chiamano dell’Upim nell’area del vecchio palazzo di Giustizia, andato a fuoco la notte precedente l’arrivo degli Alleati, è un suo progetto. La ricostruzione in quel luogo tanto delicato nell’architettura della piazza dopo la demolizione improvvida dei lacerti anneriti dal fuoco della vecchia struttura fu infatti possibile solo dopo l’arrivo a Ferrara del suo progetto: era l’anno 1956.

Cosa ci dice questa data?

Ci dice che l’architetto Marcello Piacentini, accademico d’Italia, architetto principe del regime fascista, dettava la legge e faceva il bello e il brutto tempo ancora più di dieci anni dopo la rovinosa caduta del regime del quale era stato, nell’architettura e nell’urbanistica, la figura di spicco determinante e più compromessa. L’accettazione supina e senza reazioni di sorta della nefasta e vecchia idea del piccone risanatore con il palazzo dell’Upim a sigillo dell’intervento è una colpa gravissima delle giunte democratiche dell’immediato dopoguerra che ebbero a governare Ferrara.