La Nuova Ferrara

Ferrara

18 anni di carcere per la morte di Lenuta

di Daniele Predieri
18 anni di carcere per la morte di Lenuta

Sergio Rubini, 53 anni, artigiano, era ‘pienamente capace’ mentre uccideva. E dopo la condanna saluta e ringrazia il pm

05 giugno 2013
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Ride e scherza, con gli agenti di polizia penitenziaria mentre aspetta la sentenza del giudice Monica Bighetti, per l’omicidio di Lenuta Lazar, la donna di 31 anni che uccise la notte del 2 gennaio 2012, a Chiesuol del Fosso, e poi dentro il furgone della ditta, ne trasportò il corpo, per gettarlo in un canale ad Ostellato. Aspetta, Sergio Rubini, che i giudici ipotechino il suo futuro. Parla e scherza e fa roteare gli occhi, inseguendo chi entra ed esce dall’aula dell’udienza preliminare: gli occhi sono quelli di sempre, elettrici. Ma non è più l’uomo devastato da quel demone che lo aveva portato ad uccidere, e che se non scoperto (furono i suoi familiari a farlo scoprire e poi portarlo a confessare) poteva colpire all’infinito, come un assassino seriale, come avevano subito avvertito gli inquirenti. In carcere, dicono tutti, è un detenuto modello: curato e tenuto sotto controllo medico (e psichiatrico), è la persona più normale di questa terra. Sergio Rubini, 53 anni, imbianchino di Voghiera, se l’aspettava, ieri mattina di essere condannato: tutto ovvio, tutto scontato. Per lui una pena di 18 anni di carcere (in giudizio abbreviato) dal giudice Monica Bighetti, che ha deciso la stessa pena chiesta dal pm Alberto Savino che fin dalle prime ore della scoperta del corpo della donna uccisa, seguì le indagini, interrogò Rubini, affrontando anche lui quegli occhi elettrici e persi nel vuoto.

Rubini ricorda, eccome, il pm Savino. Così, ieri mattina dopo aver incassato i 18 anni di carcere, ecco Rubini, con i legacci ai polsi e scortato dalla polizia penitenziaria, prima di lasciare il tribunale, rivolgersi proprio al pm, incrociato nel corridoio, quasi a ringraziarlo, sorridendogli: «Dottore la saluto!»

Rubini è stato riconosciuto capace di intendere e volere: nel momento in cui uccideva, quella notte, con una premeditazione folle, sapeva di voler uccidere. Lo aveva detto lui stesso a carabinieri e magistrati che quando aveva un coltello in tasca e cercava una donna per avere rapporti sessuali occasionali e pagati, perdeva il controllo. Usciva con quel coltello in tasca e grazie ad esso trovava la forza di incontrare le donne che si vendono in strada. Oggi come ieri: trent’anni fa, non a caso, accoltellò una prostituta e già allora gli venne riconosciuta una seminfermità di mente. Anche la moglie tentò di uccidere, una decina di anni fa. E dunque anche grazie a questi precedenti, il giudice Bighetti può aver riconosciuto la gravità di una forte consapevolezza delle proprie azioni. Di parere opposto la difesa, sostenuta dall’avvocato Cinzia Rizzatello, che ha proposto al giudice Bighetti le conclusioni del proprio consulente, il dottor Toniolo, per la infermità parziale. Ora - in attesa dell’appello, già annunciato dalla difesa - Rubini dovrà restare in carcere per 18 anni, e al termine della pena è prevista per lui la libertà vigilata come deciso ieri al processo. In aula non c’era nessuno a rappresentare la vittima, poichè la famiglia della giovane romena è stata risarcita ed è uscita dal procedimento. Resta la gravità del fatto, della morte di una ragazza di strada romena, uccisa dentro il furgone con cui Rubini la incrociò a Chiesuol del Fosso. Lenuta non fece nemmeno in tempo a spogliarsi, per consumare il rapporto sessuale pattuito: Rubini la aggredì, la accoltellò a morte, 23 volte. Poi guidò per oltre un’ora da Ferrara a Ostellato, dove ne gettò il corpo in un canale. Dove lo fece ritrovare lui stesso. Se non avesse confessato il delitto e tutto il resto, oggi sarebbe ancora a libero: lui e quel suo demone senza controllo.