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Bergonzoni trova “Nessi” con la vita

Bergonzoni trova “Nessi” con la vita

L’attore bolognese ha chiuso la stagione al De Micheli: «Grazie Copparo della luce che mi avete dato»

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«Dobbiamo fare nesso con chiunque senza preservarci», e dobbiamo farlo specialmente con chi non ci riguarda: l’intento, di fronte alla fitta platea copparese, di Alessandro Bergonzoni , che domenica sera ha messo in scena al De Micheli i suoi Nessi, codiretto con Riccardo Ridolfi. Una conclusione della spumeggiante stagione di prosa non tanto comica in senso tradizionale, quanto ironica al punto da non mettersi le mani nei lunghi capelli, né eccedere con la leggerezza delle battute. Ecco la densità non misurabile del suo acume: l’attore bolognese ha cominciato a tirare “i fili” tematici del canovaccio sin dall’inizio, poi con maggior polso li ha raggruppati, rendendoli più spessi e tangibili sino alla svolta finale, il messaggio in cui crede profondamente, «Il sogno dal quale vorrei svegliarmi, ma non ci riesco». E proprio inscenando un paradosso alla Benjamin Button, gli argomenti intermittenti di una morte qualsiasi, ha operato al contrario dal buio alla luce sull’immaginario dei presenti, sull’Italia che abbiamo tutti in testa, nessuno escluso: «Abbiamo un governo interiore, un parlamento interiore. Ancora devo parlare di legge e di costituzione? Io sono la mia legge, noi votiamo tutti i giorni» con le azioni. Perciò, dall’amletico «tessere o non tessere?», il categorico «Cucire i legami con le altre persone», ma non con tono imperativo, bensì fraterno, poiché prima o poi ci riguarderà: «L’altro giorno, mentre mi allacciavo una scarpa inginocchiato dietro un cassonetto, ho fatto nesso con un uomo in Siria, inginocchiato per difendersi dai colpi. Mi ha invocato. Siamo tutti invocati nel processo della vita… se ti rassegni diventi un bersaglio facile, il bersaglio di un cecchino anche a migliaia di chilometri», ovviamente in senso figurato. Partire dal possibile per concepire l’impossibile e migliorarci, «Noi dobbiamo diventare gli esempi» e continuare a scrivere le pagine di Gandhi, Kennedy, Luther King, Mandela e Terzani, fra i grandi citati.

Il tempo in compagnia delle sue parole ha perso le lancette e l’insegnamento passato prima del sipario è stato utilizzare “collega” non solo come sostantivo, ma come tenero verbo. Infine, l’abbraccio a chi lo ha ospitato: «Grazie Copparo della luce che mi avete dato, continuate a pensare. Vi voglio bene».

Matteo Bianchi

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