“Lavorare manca” La riflessione di Marani sulla situazione attuale
Da oggi per Bompiani il nuovo libro dell’autore tresigallese «I giovani hanno bisogno di vedersi un futuro davanti»
di Samuele Govoni
Esce oggi “Lavorare manca”, nuovo libro di Diego Marani pubblicato da Bompiani. Si tratta di “un pamphlet che intreccia il racconto autobiografico e la polemica amara, che sviluppa una critica radicale del liberismo e della globalizzazione finanziaria e fa emergere le debolezze storiche del sistema Italia”. In questa intervista l'autore tresigallese si racconta parlando dell’opera e dell’attualità.
. Come e quando nasce “Lavorare manca”?
«L’idea mi è venuta poco più di un anno fa riflettendo sulla crescente precarietà del lavoro, sulla poca considerazione di cui gode, sulle fabbriche che chiudono, sui sempre più numerosi disoccupati».
A chi si rivolge questo romanzo?
«Non si rivolge a nessuno in particolare ma a tutti i miei lettori. È soprattutto un romanzo, ma con le storie che racconto cerco anche di lanciare un messaggio di allarme e uno spunto di riflessione».
Abbiamo riportato in apertura la sinossi del romanzo. In altri termini di cosa stiamo parlando?
«Stiamo parlando di una Repubblica che pretende di fondarsi sul lavoro ma che non fa nulla per difenderlo il lavoro. Qui non è dell’aspetto produttivo del lavoro che si tratta ma della sua funzione sociale. Il lavoro non è solo prodotto economico ma è anche un valore e in Italia sembriamo essercelo dimenticato. Tutti considerano ormai il lavoro un costo fastidioso da evitare in ogni modo, un ostacolo fra noi e l'acquisto. Così si fa a gara a chi lo penalizza di più, a chi lo paga meno, a chi calpesta i diritti dei lavoratori. Certo, questo non è un male solo italiano, ma in Italia la situazione è peggiorata dalla mancanza di considerazione per il merito e le capacità individuali. Vogliamo essere tutti uguali e così diventiamo tutti perdenti. Ci affidiamo al sistema clientelare per la distribuzione del lavoro e così primeggiano i cretini e il paese va alla deriva. Non basta cambiare le leggi per tutelare il lavoro. Bisogna cambiare il modo di pensarlo».
Vista la situazione occupazionale attuale il lavoro nobilita o debilita l’uomo?
«Il lavoro è il luogo dove incontriamo gli altri e mettiamo a frutto le nostre capacità, la nostra generosità, inventiva, fantasia, entusiasmo. Quando lo si lascia crescere, il lavoro è un tesoro per ogni società, ci fa volare, rende felici e ci appaga. Quando lo si opprime con vessazione, scarsa considerazione, paga misera, cavilli burocratici, tasse e controlli insensati, si soffoca la vitalità di una società, si umilia la libertà di ogni individuo e si finisce per far trionfare l'inganno, la corruzione, la paralisi».
Di cosa hanno bisogno i giovani oggi secondo lei?
«I giovani oggi hanno bisogno di fiducia e di ascolto. Hanno bisogno di qualcuno che creda in quello che fanno. Hanno bisogno di scuole moderne e efficaci, di aiuti per avviarsi in un mestiere e per mettere su casa. In altre parole, hanno bisogno di sentirsi apprezzati e di vedersi un futuro davanti. Una società sana mantiene un legame fra le generazioni, di solidarietà, di stima, di continuità. Questo ci dà il lavoro e tutto questo perdiamo se non lo tuteliamo».
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