«Laureati e poi disoccupati In Italia niente meritocrazia»
Negli studi legali della città cercano di dirlo con delicatezza, ma a qualcuno poi la battuta scappa. Cruda e tagliente: «Quelli? Sono futuri disoccupati». ‘Quelli’ sono gli studenti di...
Negli studi legali della città cercano di dirlo con delicatezza, ma a qualcuno poi la battuta scappa. Cruda e tagliente: «Quelli? Sono futuri disoccupati». ‘Quelli’ sono gli studenti di Giurisprudenza, che andranno a bussare alle porte degli studi dei professionisti già affermati tra qualche anno. E ‘quelli’ lo sanno fin troppo bene che l’ingresso nella professione per molti laureati e iscritti all’albo sarà molto difficile o addirittura impossibile. Marco D’Abronzo, 23 anni, studente di ‘Scienze Giuridiche’, è talmente sicuro che lo sbocco occupazionale sarà complicato che ha pensato di mettere le mani avanti. Primo aviere con ferma di 4 anni all’Aeronautica, così si presenta. E spera di poter proseguire con la carriera militare. Ieri era davanti all’ingresso di Giurisprudenza assieme ad un gruppo di iscritti del primo anno. «Se ti fermi al triennio - spiegavano le matricole - puoi fare alcune cose, altre no. L’amministratore di condominio, ad esempio, oppure l’ispettore di polizia». Per Sara Carbonin, 19 anni, la carriera in polizia sarebbe un buon risultato. Quando parla non nasconde l’entusiasmo («Io amo il diritto») ma neanche lo sconforto («Non sono convinta che riuscirò a trovare lavoro»). E non è facile imbattersi in qualcuno nell’improvvisato capannello che si è formato davanti al portone della facoltà, in corso Ercole D’Este, che si mostri più ottimista di lei quando si tratta di valutare le prospettive occupazionali. «Purtroppo - prosegue Sara Carbonin - siamo in Italia e la meritocrazia non conta niente. Contano altre cose per poter entrare nella professione, per aprirsi un varco e conquistarsi un posto». Per molti neo-iscritti all’albo soprattutto l’inizio rappresenta una corsa ad ostacoli. Barriera dei costi a parte, chi lavora in uno studio oggi deve affrontare anche l’incognita dei ricavi: è sempre più frequente infatti il caso del cliente che a processo finito o in itinere si rivolge all’avvocato con queste parole: «Mi dispiace, ma adesso non ho i soldi».(gi.ca.)