La Nuova Ferrara

Ferrara

Ricette contro il declino di Ferrara

Ricette contro il declino di Ferrara

«È stato giusto e necessario tagliare il debito, ma ora il Comune deve sostenere l’occupazione e lo sviluppo»

4 MINUTI DI LETTURA





L’economista Andrea Gandini, tra i fondatori del Cds, centro studi che produce analisi sulla situazione economica esulle imprese ferraresi, in questa intervista fornisce una lettura preoccupata sul futuro di Ferrara, ma individua anche le possibili vie per favorire sviluppo e occupazione.

Stiamo uscendo dalla recessione oppure no?

Difficile dirlo. Noi teniamo d’occhio soprattutto l’occupazione che è l’ultimo indicatore a muoversi (prima viene la produzione) ma è quello che interessa i cittadini e determina un reale aumento della qualità della vita: solo quando l’occupazione crescerà si potrà dire che siamo usciti dalla recessione: per ora l’occupazione in provincia sta calando.

Il governo Renzi sta aiutando l’Italia a uscire dalla crisi?

Se un politico “ci mette la faccia” le cose si possono muovere. Significativa è la vicenda dei 60 miliardi di crediti della pubblica amministrazione alle imprese; anche Marcegaglia ai tempi della mega maggioranza di Berlusconi gli aveva chiesto come Confindustria “una sola cosa”: che lo Stato restituisse i crediti alle imprese. Ma nulla avvenne. Letta ne ha restituiti 22, ma Renzi dovrebbe riuscire là dove gli altri hanno fallito.

Ferrara, come sta rispetto alle altre province?

Dal 2008 la nostra posizione relativa è fortemente peggiorata. Scontiamo un’antica carenza di imprenditorialità e la diffusa equità che ci caratterizzava un tempo dovuta soprattutto all’alta occupazione (specie delle donne) sta franando, è in atto un declino.

Quali le principali novità nella geografia del lavoro?

Un fatto nuovo si aggira per il mondo e anche per l’Italia: nei prossimi anni - il fenomeno è iniziato con la recessione del 2008 - crescerà il differenziale tra le città che crescono e quelle in declino e Ferrara rischia di diventare una di quelle in declino.

Come mai c’è questo nuovo fenomeno?

Non tutte le imprese e i servizi erogati sono “uguali”, ci sono imprese e servizi commerciati e innovativi e altri che si generano solo perché ci sono i primi: se a Ferrara si insedia un’impresa di eccellenza come Berluti con 200 dipendenti si genera automaticamente altro lavoro (commercianti, artigiani, pulizie, trasporti, alloggi, affitti…). Se scompare Basell non spariscono solo 900 posti di lavoro ma almeno 5mila, compresi anche bed & breakfast, ristoranti, professionisti, negozi e servizi, mentre se si insedia un supermercato non arriva Berluti.

Le istituzioni locali cosa possono fare?

Capire bene quali sono le nostre opportunità su cui puntare e quali alleanze fare. Sono le imprese e i servizi commerciati e innovativi che trainando tutto il resto creano ricchezza; c’è chi crede che tutti i settori e le imprese siano uguali, come elettori valgono uguale, ma non come generatori di sviluppo. Occorre poi potenziare la capacità di osservare e capire questi fenomeni, cosa che non si può fare con la struttura del personale di 30 anni fa.

Il Comune di Ferrara deve continuare a ridurre il debito?

Il Comune negli ultimi 5 anni ha fatto una politica corretta tagliando il debito del 30% (e di 200 gli impiegati comunali) come non avveniva da decenni, ma proseguire in piena recessione non è opportuno, è bene ora sostenere l’occupazione locale e lo sviluppo.

E cosa deve fare in futuro?

Rendere più efficiente l’amministrazione comunale e inoltre i servizi devono essere valutati non in base all’ideologia (pubblico o privato) ma in base al binomio costi-qualità come facciamo tutti quando acquistiamo un servizio.

Ha consigli per chi farà il sindaco fino al 2019?

Se si vuole invertire il declino si dovranno fare scelte coraggiose. Bisognerà investire le scarse risorse pubbliche solo nei settori che possono dare un futuro ai ferraresi, anche se il traino potrà venire solo dalle eccellenze che qui abbiamo e che sapremo difendere e da quelle che sapremo attrarre. Eccellenze anzitutto nel settore manifatturiero ma anche nei servizi, sanitari ad esempio, su cui creare successivamente cluster di sviluppo e servizi innovativi dedicati, compresi corsi di Istituti professionali e tecnici in alternanza scuola-lavoro in connessione con tali cluster, che diventano un “service” locale specifico, così come corsi universitari “dedicati”, servizi di transizione studio-lavoro, start up creative incentivate in tali settori.

E la Camera di commercio chi deve sostenere? Vancini (Confartigianato) dice che troppi aiuti sono stati dati a innovazione ed export a scapito delle aziende che operano sul mercato interno.

Ho letto anche che Roncarati si difende dicendo che comunque il 72% delle risorse camerali è andato proprio nella direzione auspicata da Vancini. Io la penso all’opposto di Vancini e a Roncarati rimprovererei di aver messo poche risorse sull’innovazione.

Il suo consiglio al successore Govoni, che proprio oggi si insedia?

Non dare retta a Vancini, non invertire la tendenza degli ultimi anni: quel 28% destinato al sostegno di imprese sempre più dinamiche e aperte ai mercati deve aumentare.

Marcello Pradarelli