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Il Vergani esalta “La cucina degli avanzi”

Il Vergani esalta “La cucina degli avanzi”

L’istituto alberghiero ha creato un volume con i piatti creati dagli allievi, abbinando sana nutrizione a recupero dei prodotti

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Che si tratti di marketing o di reale interpretazione macroeconomica e/o sociologica, l’ambito della cucina, sia ‘stellata’ che non, ci ha abituato, negli ultimi anni, ad estrarre ‘dal cilindro’ un numero pressoché infinito di fenomeni spesso ondivaghi tra il ritorno ala tradizione e la sperimentazione pura. Anni fa fu il turno del ‘biologico’, di cui ci siamo occupati recentemente tentando di sottrarlo alle mefitiche e paludose nebbie delle incomprensioni. Ma altrettanto recentemente l’avvento della cucina molecolare (termine che peraltro lui stesso rinnega) di Ferran Adrià ha stravolto un settore da sempre legato ad un tecnicismo quieto e tradizionalista, non certo avvezzo alle sperimentazioni da Apprendista Stregone del (comunque) geniale chef di Barcellona.

Anni fa in Italia, per la precisione nelle Langhe, il movimento dello “Slow Food” ha cercato di rendere presidio e codificare un concetto anch’esso biologico, ma soprattutto ecologico, legato ad una cucina come fenomeno connesso (o più legato di prima) alla prossimità e alla naturale alternanza delle stagioni. E forse è stata proprio la crisi incipiente di questi anni a dare la stura a diversi movimenti tesi ad ottimizzare proprio la catena di lavorazione attraverso una maggiore consapevolezza della gestione delle scorte e dei residui di lavorazione. Una ‘educazione alimentare’ a tutto tondo, come testimonia il libro “La cucina degli avanzi: tradizione e innovazione nella cucina del recupero”, pubblicato dall’I.I.S. Vergani-Navarra per i tipi di Este Edition.

Il testo, una raccolta di esercitazioni-saggi creati dalla collaborazione tra studenti e docenti (e destinati a fare da ‘fil rouge’ anche durante i festeggiamenti per i 25 anni del nostro quotidiano), è la testimonianza tangibile che un migliore (o più razionale) utilizzo degli alimenti passa sicuramente attraverso un rafforzamento delle competenze e conoscenze a livello di capacità nutrizionali e trasformazioni degli alimenti, ma anche di una comprensione degli impatti derivati dalla produzione degli stessi sull’ambiente. Obiettivo non tanto nascosto quello di combattere quella che ormai è un piaga, ossia l’obesità (dalle ultime statistiche risultano 1.5 miliardi i soggetti in sovrappeso o obesi, contro 900 milioni di denutriti), ma anche di elaborare nuove strade per un cucina dalla catena la più corta possibile. Che è quella della nonna, certo, che con la sua capacità creativa di riutilizzare gli avanzi si inserisce anche, e a pieno diritto, nella cucina di alto livello (vengono in mente, così, giusto per fare un esempio, le frittelle di minestrone da svenimento dell’Hostaria Giusti di Modena), ma è soprattutto un nuovo approccio alla cucina e alla trasformazione, che per esempio in Francia ha costituito la base della maniera di fare ristorazione moderna, da Bocuse in poi.

Il repertorio di ricette, che utilizza indiscriminatamente alimenti dall’alto potere nutritivo, farinati, avanzi di minestre e anche prodotti tipici del territorio, è un divertentissimo ed entusiasmante breviario di cucina, ma anche uno spunto creativo da tenere sul comodino ad alimentare quell’arte dell’arrangiarsi che deve essere, nelle sue infinite declinazioni, una roba che ogni italiano ha fissata, anzi, avvinta, al suo Dna.

Riccardo Corazza

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