Masterchef Bruno Barbieri Una grande festa per la città
Il famoso cuoco, ieri nostro ospite, ha parlato del nuovo corso della gastronomia Accompagnato dai figuranti del palio ha richiamato centinaia di persone in Castello
Direttamente dagli schermi di Sky, in esclusiva per il compleanno della Nuova, ecco a voi Bruno Barbieri. Ed è subito folla nel cortile del Castello per lo chef, pardon, in gloria al Masterchef. «Ciao Ferrara!», saluta appena arrivato, issato sulla scalinata che conduce all’Informaturismo. «Oggi si è riferraresizzato per noi», lo introduce il direttore Stefano Scansani, in apertura di una chiacchierata che spazierà dalla gastropolitica alla telecucina, dal tinello locale ai “dining saloon” globali. Prima di chiudere in gran goduria per il palato.
Prima della fama. C’era la fame di emergere di un giovane nato nel Bolognese, professionalmente trapiantato ad Argenta. «Gastronomicamente sono nato lì – ricorda Barbieri -, al Trigabolo con Giacinto Rossetti e Igles Corelli. È stato un grande ristorante, devo molto a quel periodo». La gavetta prima del grande salto, che lo porterà in giro per il mondo. Anche a Londra dove «la salama piaceva molto, la mettevamo all’inizio del pasto. Ma là, a dire il vero, dei nostri piatti non sa niente nessuno. Mi sembrava di essere un alieno: la mia cucina in quel posto era diventata in bianco e nero, mi ero stufato». Il passo verso il piccolo schermo, se si vuole, è anche in questa retrospettiva dal retrogusto amarognolo.
Televisione, arrivo. «Oggi voglio fare cose che per trent’anni non ho fatto, chiuso com’ero in un ristorante», dice Barbieri. Eccolo accanto a Carlo Cracco e Joe Bastianich, severo giudice in Masterchef. «Piace perché è un programma vero – osserva il “meno cattivo” fra i tre – e parla di persone normali: il vincitore della prima edizione lavorava all’Enel e oggi si è fatto strada nel mio campo. La puntata su Comacchio ha avuto grande successo, anche all’estero. Credo di avere una certa credibilità: quando dico “questo è un mappazzone” vi dovete fidare». Ma non è che in tv ora c’è troppa cucina? «Oggi il nostro è diventato un mestiere importante, le iscrizioni all’alberghiero sono aumentate del 38%: ci sono talenti, poi non tutti diventeranno chef”.
La carta si mangia. Barbieri pubblicizza il suo tredicesimo libro, “Via Emilia, via da casa”. «Non è una vera autobiografia ma il racconto di uno chef in viaggio», spiega lui. Una giovane donna alza la mano e gli grida, «voglio l’autografo sulla mia copia!». E l’uomo della televisione finirà subissato di richieste analoghe. Intanto le copie del volume sono già state spazzate via: in meno di un’ora vendute 40 copie, tutto esaurito. Anche in libreria.
Il futuro nel piatto. Nega di essere un rottamatore della vecchia cucina, Barbieri: «Con l’estremismo gastronomico non andiamo da nessuna parte, le tradizioni vanno rispettate. La grande distribuzione ha massacrato tanti piccoli produttori. Comunque noi italiani siamo sopra tutti. Per ricostruire il nostro Paese l’industria è importante; ma ripartiamo dal cibo, dico, io». Ecco quindi «che vorrei vedere tornare i mercati gastronomici in piazza: oggi ci sono i cinesi, con tutto il rispetto».
La disfida finale. Ma preferisce i cappellacci ferraresi o quelli mantovani, chiede Scansani? «Dico quelli ferraresi, dai», è la risposta un po’ da arbitro “casalingo”. Avvicinato dai promotori del consorzio dell’aglio di Voghiera dirà poi che «è fantastico», mentre un sorriso soddisfatto incornicerà l’assaggio della salama da sugo di Madonna Boschi. Ecco il taglio della torta – con gustosa riproduzione della Nuova Ferrara - preparata dall'istituto Vergani e la firma sui copricapo da chef degli studenti. Un brindisi con i vini Mattarelli e poi la concessione alla schiera dei fans: foto, baci e abbracci. Un bel compleanno per il nostro giornale. Da leccarsi i baffi.
Fabio Terminali