Fotovoltaico, soldi e tempi incerti E allora i giudici hanno detto stop
I numeri sono impietosi e fotografano assai bene i motivi del crac della Spal di Butelli: al momento della presentazione - 12 settembre 2012 - della domanda di concordato preventivo, la Spal 1907 di...
I numeri sono impietosi e fotografano assai bene i motivi del crac della Spal di Butelli: al momento della presentazione - 12 settembre 2012 - della domanda di concordato preventivo, la Spal 1907 di Cesare Butelli aveva un attivo stimato in appena 828mila euro, cifra «non sufficiente - scrivono i giudici Maiorano, Sangiuolo e Giusberti - a far fronte al pagamento dei debiti, già scaduti o secondo scadenze legali, pari a 6milioni 441mila euro».
Ma Butelli e i suoi legali avevano presentato a garanzia della richiesta di concordato (per evitare il fallimento) la propria «dote»: i crediti che la Spal poteva vantare grazie all’«operazione fotovoltaico», ai vari contratti stipulati con «imprenditori attivi nel campo dell’energia agevolata», le società Turra e il Consorzio Energia Futura (costituito da 4 società). Insomma, pur sommerso dai debiti, per far fronte ai tanti che battevano cassa, Butelli avrebbe potuto far loro fronte con le risorse dai contratti per il «fotovoltaico». Per i giudici, invece, che hanno accolto i precisi e chirurgici rilievi del commissario giudiziale, Paolo Montanari, il concordato non andava omologato (dunque bocciato) perchè non vi erano garanzie di rientro di questi crediti poichè, scrivono i giudici citando Montanari «esistono fondati rischi che, diversamente da quanto previsto nel piano concordatario, gli importi dai contratti su cui si fonda la proposta di concordato non vengano riscossi per la fragilità patrimoniale che contraddistingue le società controparti (Tunve Energy, Global Consulting, Ferrara Energia, e Europesun), e anche per la stessa fragilità che affligge le altre società del Gruppo Turra (al 31 dicembre 2011 presentavano un patrimonio netto di 6 milioni ed un indebitamento di 79 milioni)». E ancora, sintetizzando gli atti di non omologa del concordato (18 pagine) e del fallimento (altre 21), il piano di rientro di 18 anni proposto era talmente aleatorio e inaffidabile e soprattutto «l’alternativa a fallimentare si presenta come più vantaggiosa per i creditori». Detto, fatto, appuntamento per i creditori, il 15 luglio, «nell’aula del tribunale deputata a tale incombente».