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Selfie profano, condanna dalla comunità pakistana

Selfie profano, condanna dalla comunità pakistana

PORTOMAGGIORE. Dopo le fotografie scattate sabato mattina davanti alla chiesa Collegiata e con protagonisti due ragazzi di origini pakistane, e i malumori sorti in paese, intervengono le tre...

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PORTOMAGGIORE. Dopo le fotografie scattate sabato mattina davanti alla chiesa Collegiata e con protagonisti due ragazzi di origini pakistane, e i malumori sorti in paese, intervengono le tre istituzioni interessate. E lo fanno con una nota firmata dal sindaco Nicola Minarelli, dall'arciprete Don Giuseppe Negretto e dal rappresentante della comunità pakistana Muhammad Arshad. Non appena si è venuti a conoscenza delle fotografie che immortalavano il gesto in questione - specifica il comunicato - «ci siamo attivati cercando di coinvolgere tutti i soggetti e le autorità preposte. Si è dapprima inviata una nota al comando carabinieri di Portomaggiore e alla polizia municipale nella quale si chiedeva massima attenzione e severità nel far rispettare il divieto di atti poco decorosi nei confronti di tutti gli edifici, monumenti che testimoniano i valori religiosi e civili della nostra comunità. Abbiamo poi convocato un incontro nel quale si è affrontato l'accaduto. Ciò che è emerso è la ferma condanna da parte di tutti del gesto verificatosi nei giorni scorsi, la convinzione che non ci fossero intenti blasfemi e che dunque il dialogo interreligioso non debba per questo motivo subire degli arretramenti». Il rappresentante della comunità pakistana, scusandosi nell'eventualità che il fatto in questione possa aver urtato le sensibilità religiose e non della cittadinanza, ha assicurato l'impegno a trovare le persone coinvolte «e a convocare un ulteriore incontro alla nostra presenza e quella dei ragazzi al fine di spiegare loro le conseguenze che gesti di questo tipo possono causare e quindi riprenderli affinchè in nessun modo si debbano ripetere episodi simili. Siamo convinti che la grande volontà e disponibilità di tutti gli attori in campo per stigmatizzare il gesto incriminato, ma nel contempo escludere qualsiasi richiamo o implicazione religiosa sia la testimonianza di come il duro lavoro quotidiano verso l'integrazione sia costante e che anche di fronte alle difficoltà proceda senza interruzioni».

Enrico Menegatti