Sfrattata l’Accademie delle Scienze
L’architetto Carlo Bassi lancia l’allarme: entro due mesi lo sgombero dalla sede di via Romei con tante incertezze
CARLO BASSI. Non voglio cedere al lamento sulle condizioni nelle quali è tenuta la cultura nella vita quotidiana del nostro paese e in particolare sulla vita grama delle associazioni culturali in generale, a Ferrara: a casa nostra, così come in ogni altro luogo.
Sebbene si proclami ad ogni piè sospinto che esse sono la struttura nervosa e sensibile che dà senso alle qualità di eccellenza del nostro paese, la loro vita quotidiana e la loro produzione scientifica sono una scommessa da vincere ogni giorno solo con la passione e la determinazione dei loro protagonisti.
Il riferimento che oggi mi fa scrivere queste parole è il destino residenziale della Accademia delle Scienze che, entro due mesi (diconsi due mesi, cioè quasi di punto in bianco) dovrà allineare gli scatoloni con i suoi preziosi materiali della biblioteca e dell’archivio sul marciapiedi di via dè Romei perché sfrattata dalla sede storica occupata da decenni, Palazzo Zanardi, nell’ambito della stagione delle privatizzazioni che ne prevede la vendita.
L’Accademia delle Scienze la cui realtà storica e scientifica e le cui vicende recenti sono descritta qui a lato, è un sodalizio scientifico che nasce dalla grande ventata dell’Illuminismo e opera da sempre come supporto e stimolo nell’ambito della vita dell’Università e della comunità scientifica che fa ad essa riferimento.
È noto, ed è sicuramente apprezzabile, come il Comune abbia preso a cuore il problema come ha fatto per altre associazioni (Italia Nostra, Ferrariae Decus) ma per l’Accademia le ipotesi di una sede provvisoria, adatta a consentire la continuità della sua attività, formulate fino ad oggi, in attesa della sua destinazione definitiva in Palazzo Bonaccossi, non hanno trovato ancora un percorso credibile e praticabile anche se si sono fatti nomi di luoghi e di strade: per una ragione o per l’altra, per una difficoltà o un impedimento non considerato (i 20.000 volumi della biblioteca) alla fine essi si stanno rivelando collocazioni non adatte o con prospettive di fattibilità tanto dilazionate nel tempo che configgono con la immediatezza della necessità.
Vorrei essere propositivo e usare l’immaginazione la cui forza e la cui energia sono capaci di smuovere macigni di indifferenza e dato che il caso dell’Accademia delle Scienze è un caso particolare di sofferenza, colloco davanti alla mia fantasia tre grandi contenitori che per larga parte dopo il loro restauro sono sempre stati nel tempo deputati a ospitare spazi destinati alle associazioni culturali.
Penso al grande convento di San Paolo che ospita l’istituto di Studi Rinascimentali la cui destinazione è la prestigiosa sede di Casa Minerbi ma che ha ancora nei suoi ambiti, se la memoria non mi tradisce, spazi non utilizzati, anche se non completamente restaurati, come l’antico refettorio dei monaci.
Penso all’altro grande contenitore di Santo Spirito dove è l’Istituto di Storia Contemporanea, e penso a Casa Rossetti, il luogo magico del Museo dell’Architettura occupato ora da uffici certamente importanti ma collocabili, penso, senza difficoltà in altri contesti. (Questa a mio parere sarebbe la sede definitiva ideale. Perché non lavorare a questa idea?)
Perché non mettere un Cottarelli ferrarese al lavoro (penso al personaggio di grande prestigio che a livello nazionale si sta occupando della spending review) affidandogli il mandato di studiare questi luoghi e,evidentemente, tutti quelli con analoghe possibilità, per dare ad essi un disegno di efficienza spaziale cercando di cancellare sovrabbondanze e sprechi razionalizzandone l’occupazione. Sono sicuro che una attenta revisione è destinata a ritrovare spazi attualmente sprecati e inutilizzati e a dare la possibilità di razionalizzarli in funzione d un uso più efficiente e con una possibile ospitalità a realtà culturali che possono apportare solo grande prestigio ai luoghi.
Ma vicino ai grandi contenitori che ho ricordato mi sono comparsi davanti alla memoria luoghi nei quali il Cottarelli di turno troverebbe certamente pane per i suoi denti: i locali di Porta Paola ad esempio, in restauro, nei quali, in anni lontani, chi scrive, ebbe a progettare il “museo della bicicletta”. E dopo Porta Paola, le Crocette Perché poi, allargando l’orizzonte, non pensare alle Delizie, realtà culturali eccezionali (Il Verginese per esempio o la Villa della Mensa) ambienti, quasi per definizione, vocati a queste funzioni impegnando in questa generale rivisitazione di luoghi anche la Provincia?.
Certo tutte queste ipotesi hanno bisogno di riscontri e di messe a punto, non sono fatte per un trasloco che occupa un giorno ma sono certo che un Cottarelli operativo nel suo compito , nel suo rigore e nella sua autorità saprebbe ottimizzare anche questo aspetto nell’ambito delle operazioni di restauro in corso che coinvolgono tante realtà monumentali entrate in crisi con il terremoto.