Alemanno esposte le sue fotografie
Il giovane compagno di Dalla: «L’arte mi avvicina a Ferrara»
“Il cielo e’l fondo dell’eterno oblio”: un verso tratto dall’Orlando furioso per intitolare la temporanea fotografica che l’associazione “Yoruba” inaugura oggi pomeriggio, alle ore 18, a Casa Ariosto.
Dalla Bologna condivisa con il compagno e maestro Lucio Dalla, Marco Alemanno espone i suoi cieli internazionali nell’aurea Ferrara degli Este. Attore, cantante e fotografo nato negli anni ’80, ha deciso di portare i suoi scatti in una dimora della grande tradizione poetica italiana insieme alla curatrice Federica Zabarri, che gli ha consigliato l’interpretazione dell’Orlando di Italo Calvino. Lettura appassionata che lo ha rapito a tal punto da lasciarci il senno, alla stregua dello scrittore stesso e prima ancora dell’Astolfo ariostesco. La mostra si compone di quaranta foto su carta di cotone, che dà un effetto acquerellato ai soggetti; carta rigorosamente bianca, ma di un tono che pare lavorato con le mani, quasi fossero pagine di un libro sfogliato e da non smettere di girare.
Perché ha scelto di appenderle senza supporti?
«Per dare a chi osserva quel senso di precarietà che appartiene alla parola evocata, veicolo di idee e sensazioni. Come fossero fogli strappati, sembrano fotografie scritte, nella maniera in cui si scrive una canzone».
È venuto prima l’amore per la parola o per la figura?
«Quello per le parole è sempre stato predominante. Amo un mondo che è fascinazione e cerco di restituirla agli altri negli scorci catturati. Sempre con la curiosità di chi per primo si emoziona, magari, davanti a tanti giardini ferraresi spesso ignorati».
Cosa simboleggia il cielo? E quanto pesa il suo azzurro?
«Il cielo è il mio Castello di Atlante: un castello fatato, incantato, che nasconde anche tranelli. Di norma si auspica “volesse il cielo che…”, siccome s’instaura un confronto continuo con l'ineffabile e l'imprendibile, popolato di speranze. E così capita con la poesia, la musica e l’arte in generale: il mio avvicinamento a Ferrara».
Matteo Bianchi
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