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Cmr, il “buco” di Ferrara Day Surgery

di Daniele Predieri
Cmr, il “buco” di Ferrara Day Surgery

L’atto d’accusa contro Bruno Caravita: lo sperpero della clinica che valeva quasi 4 milioni, ceduta per soli 530mila euro

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«La Cmr negli anni si è impoverita, ma qualcuno si è arricchito»: la sintesi la offre un addetto ai lavori coinvolto come parte nell’inchiesta del crac della Cooperativa Muratori Riuniti di Filo d’Argenta, chiusa dalla procura con l’atto d’accusa verso 12 indagati, tre massimi dirigenti della azienda che l’avrebbero «impoverita» e 9 imprenditori tra Ravenna, Rimini e Napoli che avrebbero ottenuto rientri dei propri crediti e che di fatto si sarebbero «arricchiti» ingiustamente, seguendo il principio enunciato.

Un principio che dal punto di vista giuridico si è trasformato nei reati di bancarotta fraudolente con l’aggettivazione di dissapativa, distrattiva e preferenziale. Il crac della Cmr di Filo, erede in tutto e per tutto della Coopcostruttori fallita con un miliardo di euro di buco nel 2003, è stato analizzato dagli inquirenti - procura e finanza - con la massima attenzione (3 anni di indagine) e un lavoro che ha portato a selezionare 21 capi di imputazione. Tra questi, quello che riguarda la vicenda legata alla cessione del Ferrara Day Surgery da parte di Cmr ad un gruppo di imprenditori calabresi, la Service Group di Giuseppe Gligora, balzata agli onori della cronaca per il provvedimento di interdittiva antimafia della prefettura di Ferrara che ha bloccato e congelato le convenzioni sanitarie pubbliche: altra storia che non riguarda il crac. Ciò che lega la clinica al crac Cmr è lo sperpero nella cessione da parte di Pier Bruno Caravita: fu lui a inventare nel lontano 2007 l’attività della clinica parallela alle costruzioni, ramo principale di Cmr che la portò ad essere tra le prime aziende di costruzioni edili: tentativo di diversificare le attività di Cmr (come per il porto di Marinara) che si rivelò un buco nell’acqua. Cmr cedette nel 2009 la Ferrara Day Surgery al gruppo Gligora per l’importo, sulla carta, di 3milioni 677 mila euro. Ma come viene evidenziato nelle accuse a Caravita, il prezzo venne ridotto a 3 milioni, con una perdita secca di oltre 600mila. E c’è di più: vi fu una palese dissipazione poichè nel 2010, Caravita a fronte dei non pagamenti degli acquirenti concesse dilazioni di pagamento senza scadenze e altro. Al termine delle operazioni di cessione, il gruppo di Giuseppe Gligora - secondo gli atti - pagò solo 530mila euro e per la residua cifra di 2milioni e mezzo di euro non è stata attivata nessuna azione per recuperare la somma. Ora, la domanda ‘sorge spontanea’: perchè queste operazioni del tutto prive di logica imprenditoriale che hanno portato, una dopo l’altra, alla dissipazione del patrimonio Cmr? Questa la risposta che dovrà dare su tutti Bruno Caravita chiamato in causa per le maggiori operazioni, prima tra tutte la cessione delle quote nella gestione del Porto turistico di Marinara, a Marina di Ravenna, che avrebbe dovuto essere un altro fiore all’occhiello delle nuove attività extra costruzioni di Cmr. I curatori fallimentari di Cmr, Raffaella Margotti e Michele Manfrini di Serco, azienda che gestiva il Porto turistico, potranno costituirsi parte civile al possibile processo che la procura potrà chiedere: ora i legali dei 12 indagati, invece, potranno preparare le difese contro accuse che vengono ritenute del tutto unilaterali e non condivisibili: «Valuteremo il da farsi - spiega Francesco Vinci che con il collega Carmelo Marcello assiste il più indagato, Lauro Capisani (16 capi d’accusa) - Siamo sereni e tranquilli, ci siamo fatti interrogare diverse volte durante le indagini, e possiamo già anticipare che questa vicenda dovrà essere letta con un confronto sui numeri, tra consulenti della procura e difesa, che nomineremo». Poichè finora, sul crac, sono stati dati numeri tutti da verificare. Il processo Coopcostruttori insegna: e non è bella lezione, vista la sentenza dei giudici.