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Nella Capitale tra vecchie e nuove osterie

Nella Capitale tra vecchie e nuove osterie

Piatti caserecci e sapori tipici. Dalla coda alla vaccinara alla trippa: un viaggio tra i gusti semplici ma squisiti della città

19 aprile 2014
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Beh, al di là dei pareri e delle opinioni personali, non c’è niente che si accosti meglio alla primavera dello spirito vagabondo e itinerante. Chatwin, Notebooom, ma anche, più banalmente, Kerouac, avrebbero qualche argomento da aggiungere a suf-fragio di questa tesi. Quello che vi suggeriamo in queste giornate assolate, per coglierne l’essenza, è di non limitarvi a darci ragione ma mettervi per le strade. Ficcate quello che trovate in borsa, non abbiate pensieri troppo laboriosi, e soprattutto abbandonatevi al fluire costante. Quanto a noi, anche per dare il buon esempio, non abbiamo saputo resistere, e ci siamo trovati, per congiunture che non stiamo qui a raccontare, nella nostra Capitale, quel complesso organismo profondamente italiano ma impareggiabile, che va sotto il nome di Roma. Ci siamo rimasti lo spazio di un respiro, ma perché, ci siamo detti, non cogliere l’occasione per continuare la ricerca che ormai da mesi colonizza le nostre giornate? Anche solo per avere la conferma che pure qui, lontano dalla territorialità egemonica emiliano-romagnola, la cucina è invadente, la cultura del mangiare e bere bene è imperante e, soprattutto, è parte di noi, del nostro essere italici. Tra le varie suggestioni che abbiamo assaporato, due locali su tutti ci hanno fatto percepire quel brivido che ormai cerchiamo ossessivamente, rabdomanti alla ricerca dell’elisir della Cucina Assoluta. Per motivazioni diverse, Flavio al Velavevodetto, osteria con cucina nella zona del Testaccio (via di Monte Testaccio 97), è una di quelle moderne incarnazioni di locali tipici in cui le ricette delle nonne e delle zie sono rispettate religiosamente, in un contesto comunque moderno, elegante ma informale. Scopriamo che la Gricia e la Coda alla Vaccinara, eseguite seguendo il disciplinare, hanno proprietà taumaturgiche, conferite anche dalla qualità spesso imbarazzante della materia prima. Ma l’osteria ha anche una cantina notevolissima, dove l’offerta è costellata di vitigni/produzioni biologiche e di autoctoni. Tra cui un Cesanese del Piglio, meravigliosamente selvatico, che partecipa alla cerimonia dell’eccellenza. Aggiungiamo una sorpresa in positivo alla cassa, luogo dove scopriamo che nella Capitale si può mangiare meravigliosamente bene spendendo meno del giusto, formula di cui qui in valle, in tutta la nostra provincialità, pensate, ci era quasi uscita di mente. Sempre in ambito di trattorie di eccellenza, il giorno dopo, a pranzo, abbiamo fatto un salto da Armando al Pantheon, in salita de’ Crescenzi 31, un luogo sacro nei pellegrinaggi dei gastro-addicted di tutto il mondo. Il locale è mirabile nella sua semplicità, un piccolo scrigno di eccellenza che si apre a due passi da una delle piazze più affollate del mondo. All’interno tranquillità, empatia, ma soprattutto grande, grande competenza. A casa Gargioli vige da anni un protocollo rigido, fatto di serietà e un rispetto delle tradizioni religioso, per nulla contaminato dal bailamme di locali-per-turisti di cui è costellata la zona. Ricette della tradizione, anche ebraica, rivisitate solo lievemente, grande controllo delle materie prime e delle presentazioni, crostini con filetti di alici e burro splendidi, (ancora) una Gricia spettacolare, coratella e trippa (servita in una specie di confit) da passeggiata evocativa nei pascoli del Lazio. Ancora una volta, alla cassa c’è incredulità (in positivo), anche pensando alla compattezza succosa di un Frascati biologico non filtrato da infarto miocardico.

Che altro dirvi se non che per l'ennesima volta ci allontaniamo dalla Capitale soffocando un singhiozzo, tanto è piacevole sprofondare in tutta questa italianità. E al diavolo chi non fa altro che criticarla. Quanto a voi, che si tratti di sportivi (dal 10 al 18 maggio a Roma ci sono gli Internazionali di tennis) o semplici turisti, ascoltateci, mettetevi in viaggio. Potreste, e dico potreste, trovarci appena un tavolo più in là. Un sorriso dipinto in volto.

Riccardo Corazza

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