"Mattia era aitante come un torello"
Il ricordo del parroco di Stienta. Cordoglio e dolore all'Ipsia di Ferrara per il diciottenne morto nel sonno nel suo sacco a pelo, in campeggio. Dall’autopsia le risposte sulle cause del malore improvviso.
Un compagno di scuola: un pezzo di pane, neanche fumava
Un compagno di scuola: un pezzo di pane, neanche fumava
Un compagno: un pezzo di pane, neanche fumava
"Addio Mattia la tua bontà ci mancherà"
A 18 anni si addormenta e non si sveglia più
Gli amici in lacrime: "Mattia si sentiva affaticato"
La disperazione della mamma
Un compagno di scuola: un pezzo di pane, neanche fumava
Un compagno di scuola: un pezzo di pane, neanche fumava
Un compagno: un pezzo di pane, neanche fumava
"Addio Mattia la tua bontà ci mancherà"
A 18 anni si addormenta e non si sveglia più
Gli amici in lacrime: "Mattia si sentiva affaticato"
La disperazione della mamma
Cordoglio e dolore a Stienta, la città dove risiedeva Mattia Monesi, il diciottenne trovato morto nel suo sacco a pelo la vigilia di Pasqua a Torreglia (Pd), dove si trovava in gita con un gruppo di scout di S. Maria Maddalena (Ro). Monesi studiava a Ferrara, all'Ipsia, ed era conosciuto anche nella città estense. «Non mi ricordo di averlo mai visto malato. Era un torello», dice don Giancarlo Berti, parroco di Stienta, che conosceva benissimo Mattia Monesi. Come conosceva benissimo la sua famiglia. Sfogliando i vecchi archivi della parrocchia apre pagine che purtroppo non parlano di episodi lieti. La data chiave è il 2002: l'anno in cui il padre di Mattia venne a mancare. «Sono passati ormai 12 anni - ricorda il sacerdote - Suo padre morì di malattia. E Mattia rimase profondamente segnato da quell'esperienza. A volte lo vedevi che si assentava un attimo, si allontanava, aveva bisogno di stare un attimo per i fatti suoi».
L'altro ricordo forte di don Giancarlo è quello della mamma di Mattia. Che descrive come una vera e propria eroina. «È la parola giusta - conferma - Ho ancora in mente queste mattine di inverno, quando prestissimo passava a lasciare il piccolo a scuola per correre a Ferrara dove lavora. Ha fatto ogni sforzo, ha lavorato sino a spaccarsi la schiena per fare in modo che a suo figlio non mancasse nulla».
Mattia era di Stienta, ma frequentava il gruppo scout di Santa Maria Maddalena. «Noi in paese non abbiamo gli scout - spiega il parroco - E io l'ho sempre incoraggiato, spingendolo verso Santa Maria». Non per questo il giovane non era presente nella vita del paese. «Dava sempre una mano - racconta ancora Don Giancarlo - Partecipava anche ai campi scuola. Io comunque glielo ripetevo sempre: 'Se ti trovi bene a Santa Maria, se i tuoi interessi sono là, non ti devi preoccupare per noi, fai bene a stare là'».
Non certo perché l'uomo di chiesa non volesse con sè quel bravissimo ragazzo. Ma perché gli faceva piacere fosse in compagnia, stesse con gli amici, fosse sereno. Perché quell'ombra di tristezza in lui non mancava. E spesso faceva capolino. «Non è stato facile per lui - dice il parroco - Era passato attraverso una esperienza che non può non lasciare residui».
Mattia frequentava l'ultimo anno dell'Ispia di Ferrara, esperienza alla quale aveva già cominciato ad abbinare qualche lavoretto in aziende della zona. «Quando lo incontravo - conclude Don Gianpietro - mi raccontava sempre di quale lavoro stesse facendo in quel momento. Era veramente un bravo ragazzo. Forte, come la madre che è stata una vera eroina»