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Un sogno già dichiarato: fare l’autista d’ambulanza

Gli amici: «Mattia si sentiva affaticato». «Era nel suo sacco a pelo, non si svegliava. Abbiamo chiamato il 118 ma non c’era più nulla da fare»

20 aprile 2014
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«Ci aveva appena detto che voleva diventare conducente di ambulanze». Era questo il sogno di Mattia Monesi, 18 anni, di Stienta. È così che il ragazzo vedeva quel futuro che per lui non arriverà più. Una aspirazione in linea con il suo carattere: esserci per gli altri, mettersi a disposizione, aiutare.

Ieri mattina gli amici del suo gruppo scout erano distrutti: chi piangeva, chi guardava nel vuoto. I più forti, i più adulti, erano dentro, stretti attorno alla mamma di Mattia. Dopo la tragedia il rientro è stato immediato. Nessuno aveva più voglia di partecipare a una uscita di reparto che avrebbe dovuto essere un momento di gioia. Tutti paiono in cerca di una spiegazione che, semplicemente, allo stato non è possibile trovare. «Questa mattina - raccontano gli amici - Mattia non si è svegliato. Era nel suo sacco a pelo. Noi responsabili abbiamo subito chiamato il 118, ma non c'è stato nulla da fare». Degli approfondimenti ora si occuperà la magistratura padovana. Ma non è certo questo ciò che interessa ai compagni di un cammino che proseguiva da anni e che per Mattia era molto, molto importante. «Era entrato negli scout a 8 anni, l'età minima - dicono - Per gli altri c'era sempre. Quando qualcuno aveva bisogno o si doveva organizzare qualcosa era sempre tra i primi a dare la propria disponibilità». Alcune voci parlano di uno stato di affaticamento del quale il 18enne si sarebbe lamentato. E del fatto che avesse intenzione di prenotare alcune visite mediche. Chi è andato a Torreglia con lui si limita a dire che lo aveva visto in salute come sempre. Era un ragazzo serio, Mattia. Riflessivo. Forse un po’ introverso, ma in senso positivo. «Era una persona - prosegue il ricordo degli amici - che pensava bene a cosa dire, prima di parlare. Introverso? Forse. Ma introverso il giusto, è il caso di dire». Un tratto del suo carattere derivato molto probabilmente dalla perdita precoce del padre, che se ne è andato quando Mattia era ancora un fanciullo.

Da allora aveva visto la madre fare ogni sforzo per non fargli mancare nulla. E a propria volta aveva deciso di impegnarsi a fondo per aiutare gli altri. «Era con noi da poco, ma si era subito distinto come un ragazzo bravissimo e molto serio», raccontano al telefono dal gruppo di volontariato «Barbara» di Santa Maria, che si occupa di trasporto e assistenza a malati e disabili. «Mattia - proseguono - aveva conseguito in poco tempo tutte le qualifiche e le certificazioni necessarie a lavorare con noi. Siamo sconvolti».