La Nuova Ferrara

Ferrara

il ricordo del suo parroco, don giancarlo berti

«Aveva superato la tragedia del papà»

«Aveva superato la tragedia del papà»

Studiava all’Ipsia in città, e quando lo incontravo mi raccontava dei lavoretti che faceva

22 aprile 2014
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Cordoglio e dolore a Stienta,dove abitava Mattia Monesi, dove il parroco lo ricorda e si commuove: «Non mi ricordo di averlo mai visto malato. Era un torello», dice don Giancarlo Berti, parroco di Stienta, che conosceva benissimo Mattia. Come conosceva la sua famiglia. Sfogliando i vecchi archivi della parrocchia apre pagine che purtroppo non parlano di episodi lieti. La data chiave è il 2002: l'anno in cui il padre di Mattia venne a mancare. «Sono passati ormai 12 anni - ricorda il sacerdote - Suo padre morì di malattia. E Mattia rimase profondamente segnato da quell'esperienza. A volte lo vedevi che si assentava un attimo, si allontanava, aveva bisogno di stare un attimo per i fatti suoi».

L'altro ricordo forte di don Giancarlo è quello della mamma di Mattia. Che descrive come una vera e propria eroina. «È la parola giusta - conferma - Ho ancora in mente queste mattine di inverno, quando prestissimo passava a lasciare il piccolo a scuola per correre a Ferrara dove lavora. Ha fatto ogni sforzo, ha lavorato sino a spaccarsi la schiena per fare in modo che a suo figlio non mancasse nulla».

Mattia era di Stienta, ma frequentava il gruppo scout di Santa Maria Maddalena. «Noi in paese non abbiamo gli scout - spiega il parroco - E io l'ho sempre incoraggiato, spingendolo verso Santa Maria». Non per questo il giovane non era presente nella vita del paese. «Dava sempre una mano - racconta ancora Don Giancarlo - Partecipava anche ai campi scuola. Io comunque glielo ripetevo sempre: 'Se ti trovi bene a Santa Maria, se i tuoi interessi sono là, non ti devi preoccupare per noi, fai bene a stare là'». Era tanto per lui, lo star bene visto che «non è stato facile per lui - dice il parroco - era passato attraverso la scomparsa del papà che non può non lasciare strascichi». Mattia frequentava l’Ipsia di Ferrara, e aveva già cominciato a fare qualche lavoretto: «Quando lo incontravo - conclude Don Gianpietro - mi raccontava del lavoro che stava facendo, era un bravo ragazzo, forte, come la madre, una vera eroina».