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Da questa città io non me ne vado E ve lo canto anche: Studio a FE IL VIDEO

Da questa città io non me ne vado E ve lo canto anche: Studio a FE IL VIDEO

Lo studente-artista Luca Bretta di Cento scrive e interpreta un brano sulla Ferrara in cui vivere «Certo, non è una metropoli, però ha un duomo pure lei, ironicamente anche lei ha il suo perché»

22 aprile 2014
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Il nuovo video singolo di Luca Bretta da stamane si può guardare anche sul sito de La Nuova Ferrara: “Studio a Fe” s'intitola la canzone uscita l'11 aprile scorso che il giovane cantautore di Cento dedica alla nostra città.

Trasferitosi da piccolo a Madonna di Campiglio, in Trentino, Bretta è tornato nei dintorni delle sue radici per frequentare la facoltà di Farmacia e considera Ferrara talmente serena e rassicurante, da non notarne aspetti negativi.

Strimpellando per gioco la chitarra, si è appassionato di Michael Flea Balzary dei Red Hot e nel 2006 ha cominciato a suonare in una band rock/funky.

Nel corso degli anni ha studiato il basso, la batteria e il pianoforte per comporre con maggiore padronanza; tanto è vero che dal 2010 comincia il suo progetto da solista, proponendosi al pubblico con brani pop/rock e raggiungendo numerosi piccoli traguardi.

Soddisfazioni sono state le collaborazioni con professionisti quali Michele Ascolese e Maurizio Meo, o la recente esibizione sul palco di Roxy Bar, lo storico programma di Red Ronnie, condividendo la scena con Bobby Solo, Fabrizio Bosso e tanti altri.

Dopo essere cresciuto tra le montagne e gli album degli italianissimi Cremonini e Pezzali, oggi è diventato onnivoro e autonomo, guarda al panorama british, alla musica indipendente, e afferma di «non voler emulare alcuno. Non ho riferimenti veri e propri, tento di assimilare».

Dal carattere espansivo e spontaneo, Bretta scrive canzoni per liberarsi di ciò che non riesce a comunicare con le sole parole.

Intende un cantautore «chi intona il suo pensiero» e ha trascorso gli ultimi due mesi in sala registrazione.

Nel videoclip si parte dalle biciclette della stazione e, risalito Cavour con a fianco i grattacieli, scorrono i laghetti del parco urbano, Palazzo dei Diamanti, il Duomo con una birra in mano, i ciottoli intorno al Castello, i tendoni di via Mazzini, le tazzine nel cortile di Palazzo Paradiso, la serata in centro, gli scalini del municipio, sino al consueto spritz in Piazza Ariostea con Silvia Zaniboni alla chitarra e Alan Bignardi alla batteria.

Tra le tante folle di universitari in altre piazze, perché hai scelto proprio la nostra?

«Essendo originario di Cento, ho scelto Ferrara perché mi sono spostato vicino ai miei familiari, che stanno tutti nei dintorni; oltre che per la qualità indiscutibile della facoltà di Farmacia».

“Una piccola ma vivida città”, e poi te la prendi con Milano…

«Scendendo dal Trentino, molti amici considerano Milano la metropoli universitaria per eccellenza: "che figata qua, che figata là", ma io non mi sono trovato bene.

È troppo grande per me; mentre Ferrara non è una metropoli, però ha un Duomo pure lei, ironicamente anche lei ha il suo perché».

Ma se hai trovato il tuo motivo per rimanere e lo canti, perché potrebbero farlo anche gli altri?

«Mi riferisco alle opportunità di studio che offre l'Università: non si deve sputare nel piatto in cui si mangia e su Ferrara in molti lo fanno. Io sono un tipo che spesso ha bisogno di cambiare aria… ogni tanto torno nel mio paesino perché non riesco a fermarmi troppo; e pensa che ero convinto di non lasciare mai casa mia.

Non si può prevedere il domani, tuttavia, dopo un breve periodo di assestamento, qui sto proprio bene».

…e la bici che ti accompagna nel video?

«Ferrara è bella anche perché è comoda, la si vive bene. Da quando sono arrivato giro soltanto in bici, ho aumentato l'utilizzo del mezzo del cento per cento! In Trentino uscivo talvolta in mountain bike per le escursioni, ma non era il mio stile di vita».

"Niente ape in corso Como", e allora quali angoli, quali situazioni ti hanno ispirato?

«Non ho cercato dei posti in particolare, mi spiego: è stato l'insieme che mi ha fatto scrivere, come per questa canzone. Dalla finestra del mio appartamento in fondo a Cavour, a quando rientro in auto dalla Porta di Giovecca dopo settimane che non la vedo, o seduto a un baretto in San Romano, Ferrara è la stessa.

E dipende soprattutto dal momento in cui attraversi quello spazio. Ad esempio, questo testo è nato durante la preparazione di un esame: era una giornata di sole, limpida, e pensavo a tutt’altro che ai libri».

Ci puoi raccontare che cosa è successo?

Avevo la chitarra vicino, una delle due, e ho raccolto in tre minuti ciò che la città mi ha dato in tre anni. Non è stato merito solo dei luoghi, ma di esserci con le persone giuste, con una buona compagnia. Ferrara è diventata la cornice perfetta di tutto quello che ho vissuto tra le sue mura, la musica di esperienze ed emozioni».

“Ferrara si sopporta e la nebbia non importa”, ma i ferraresi si sopportano?

«È una questione delicata. La nebbia potrebbe essere la metafora di ciò che ho sopportato con alcuni… venendo da altrove, inizialmente ho faticato a integrarmi con certi ferraresi».

E in giro la sera come sono? Si spengono nella nebbia?

«Avendo fatto svariate serate, confermo che le piazze di Milano, Bologna e Trento offrono più locali, però sono dispersive.

Almeno qui, di fronte al Duomo, s'incontrato tutti. A detta di altri, Ferrara non sarà espansiva, ma non perdi di vista chi hai intorno e ha accolto nel migliore dei modi i miei amici da fuori».

Con la perseveranza che hai dimostrato, speri in un futuro musicale?

«Di certo l'impegno fa la sua parte e continuerò su questa strada.

Nel futuro la vedo dura, specialmente considerando il momento comune. Mi piace credere che un giorno riuscirò a pubblicare un album in cui dico tutto quello che sento di dire, tutto me stesso.

Ma non per diventare famoso a ogni costo; infatti penso che il successo non vada ricercato, deve venire da sé, a seconda di quanto perseveri".

Matteo Bianchi

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