«La Costituzione si applica, poi si cambia»
La galleria dei simboli mette vicini Alda Costa, monsignor Bovelli e gli eredi della Folgore
«Desideriamo poter finalmente scioglierci nel silenzio, invece la Resistenza continua». Sta nella frase di Daniele Civolani, presidente provinciale dell’Anpi, il senso del 25 aprile celebrato ieri tra Duomo e piazza Municipale. Questo senso di continuità della Resistenza, che è stato evocato sul palco anche dal rappresentante degli studenti Federico Di Bisceglie (liceo Ariosto), ha attraversato la galleria di simboli, anche molto diversi tra loro, messi in campo durante la mattinata di celebrazioni. Si è cominciato, dopo l’alzabandiera e la deposizione delle corone d’alloro alla Torre della Vittoria, con l’omaggio alla tomba di mons. Ruggero Bovelli, durante la funzione religiosa in Cattedrale. Fiori di ringraziamento per un prelato che ebbe un ruolo importante, tra l’altro, nell’evitare ulteriori bombardamenti ad una città già martoriata. Si è proseguito sul palco con Paolo Sturla Avogadri, rappresentante delle associazioni combattentistiche, che ha ricordato l’impegno dei soldati ferraresi nell’azione della notte del 20 aprile, quando i parà alleati tagliarono ai tedeschi la possibilità di riorganizzarsi sulla riva nord del Po, a pochi giorni dalla fine delle ostilità: «Erano gli eredi della Folgore, che si è coperta d’onore ad El Alamein» ha sottolineato. La galleria dei simboli si chiude con Alda Costa, l’insegnante socialista morta in carcere a Copparo il 30 aprile 1944, alla quale l’Anpi ha voluto dedicare la giornata di ieri anche come scudo all’ondata dei femminicidi. «Dite ai miei compagni che sono rimasta fedele ai miei ideali, disse prima di morire - è la citazione scelta da Civolani - Ora dobbiamo impegnarci per la difesa dell’ambiente, del lavoro, della giustizia uguale per tutti (e qui è veramente dura), la scuola per tutti. E la Costituzione, che non è intoccabile ma va cambiata con cautela: prima ancora bisogna applicarla».
In chiusura un po’ di Europa, con Marcella Zappaterra, presidente della Provincia, che partendo dall’intuizione originaria “mai più guerre tra noi”, ha rievocato l’obiettivo di un’Unione politica e federale per attaccare le politiche rigoriste: «Un’impostazione che molti, ormai, giudicano come una risposta sbagliata ad un ciclo economico negativo», perché, tra le altre cose, «sta accentuando differenze e distanze anziché ridurle, e finisce per dar voce a populismi e interessi corporativi che guardano al passato e non al futuro». La crescita, renzianamente parlando, è l’unica via d’uscita. (s.c.)
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