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Questa volta Gioele Dix si fa serio

Questa volta Gioele Dix si fa serio

Il comico milanese ieri alla Festa del Libro Ebraico: la mia famiglia perseguitata dalle leggi razziali

29 aprile 2014
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Il maltempo è solo un ostacolo marginale alla Festa del Libro Ebraico in Italia, in programma fino all’1 maggio nella nostra città, grazie all’organizzazione del Meis (Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah). Ieri comunque buona partecipazione alle iniziative organizzate, anche se era impensabile ripetere il successo di pubblico del fine settimana, gremito di turisti e ferraresi.

Per la Festa del Libro Ebraico, ieri alle 18, nella Sala della Musica del Chiostro di San Paolo, l'attore Gioele Dix ha presentato il suo libro "Quando tutto questo sarà finito. Storia della mia famiglia perseguitata dalle leggi razziali", da poco uscito per Mondadori. Riccardo Calimani, presidente della Fondazione Meis, ha dialogato col comico milanese che, con ironica malinconia, ha affrontato un ambito delicato come quello delle proprie radici. David Ottolenghi, questo il suo vero nome, classe 1956, ha condiviso col numeroso pubblico presente le vicende della propria famiglia, di origini ebraiche, durante gli anni delle leggi razziali fasciste. Una spinta profonda a voler «riscoprire le mie radici», interrogando il proprio padre del quale «avevo bisogno della complicità assoluta per scrivere questo libro». Figura centrale è stata anche quella del nonno paterno, «simpatizzante fascista», e che quindi con le leggi razziali ricevette «una doppia stangata, come italiano e come ebreo».

Il giorno dopo andò a consegnare la tessera del Pfn, ma «non l'accettarono e non seppi mai perchè».

Gioele Dix ha dunque proseguito tentando di spiegare come «la mia famiglia recepì la discriminazione anti ebraica, soprattutto con gli occhi di mio padre, che nel '38 aveva dieci anni». Scopo dell'opera è «di infilarsi nel grande magma della Storia, per raccontare una storia personale, sperando possa incidere».

Libro che «di certo non rappresenta un punto d'arrivo, ma una tappa» del percorso personale dell'artista. Tra qualche nota di tristezza e tante di ironia, Dix ha anche spiegato la scelta del suo nome d'arte, ispirato a un profeta biblico, Gioele che però, rispetto ad altri - ha scherzato - «ha fatto poche profezie», e dell'origine del proprio cognome, comune a entrambi i genitori.

Nel finale dell'incontro, vi sono state diverse domande e interventi provenienti dal pubblico. Queste hanno dato l'occasione a Gioele Dix di confessare come l'aver "intervistato" il padre gli sia servito per «comprendere meglio il suo carattere, la sua personalità, il suo vissuto profondo».

Tanto divertente quanto commovente anche il racconto della reazione del padre - persona riservata e taciturna, come il nonno paterno - alla lettura della bozza del libro, suggellata da queste parole: «mi sono un po' commosso a leggere questa storia».

Andrea Musacci

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