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Carife, la Fondazione non ha alternative

Carife, la Fondazione non ha alternative

Popvicenza unica offerta, solo l’ex Capatti avverte: meglio aspettare le pagelle Bce. Cappellari: tutelate i piccoli azionisti

30 aprile 2014
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«Non c’è mica la fila...». Il commento, anonimo, di un socio anziano all’uscita dell’assemblea di ieri pomeriggio rende l’idea del clima che si respira in Fondazione Carife, l’azionista di maggioranza al 54% della banca. L’offerta non vincolante per la Cassa di Risparmio in arrivo da parte della Popolare di Vicenza, l’unica della quale si ha conoscenza, rischia di essere la pietra tombale della ultracentenaria storia della banca, ma i rappresentanti del mondo economico e culturale della città faticano a intravvedere un’alternativa. Ha provato a mettere qualche paletto Cesare Capatti, già amministratore Carife e presidente Cedacri: attenzione a chi si vende, ha detto in sostanza, perché entro luglio si saprà la valutazione della Bce nei confronti del gruppo 2 di banche italiane, tra le quali appunto Popvicenza; è il caso di aspettare quantomeno che effetto avrà sul titolo vicentino, e quindi sull’eventuale concambio con le azioni ferraresi, questo screening. Il presidente della Fondazione, Pier Carlo Scaramagli, dal canto suo ha raccolto la sollecitazione che arriva da Bankitalia, di ricercare eventuali alternative. Per questo, il 26 marzo è stato affidato un nuovo incarico alla Vitale e associati che, si è appreso da una risposta al socio Paolo Malagodi, riceverà un compenso solo in percentuale e quindi ad operazione conclusa. A marzo, è questa la novità di giornata, sono giunte tre manifestazioni d’interesse per Commercio e finanza, la società di leasing napoletana che la banca sta cercando di vendere, e in precedenza, ha riferito sempre Scaramagli, Bankitalia ha espresso una valutazione positiva dell’opera di risanamento della banca. C’è dunque qualche spiraglio per andare avanti da soli, o comunque mantentendo una connotazione ferrarese alla banca?

I segnali giunti dall’assemblea di ieri non vanno in questa direzione, piuttosto trasmettono un senso di sfiducia e una certa rassegnazione. Erano fisicamente presenti solo 38 soci su 168, ed anche questo è indicativo. Tra gli intervenuti, Malagodi ha elencato le criticità di una vendita a Vicenza (la sede con i suoi 200 dipendenti rischia seriamente lo svuotamento, il nome storico potrebbe essere mantenuto solo per marketing) ma ha anche riconosciuto che è tardi per trovare alternative. Roberto Mascellani, dal canto suo, ha invitato tutti a concentrarsi sul possibile recupero di valore della partecipazione, abbattuto di quasi 110 milioni di euro dall’allineamento ai nuovi prezzi di mercato delle azioni Carife, senza farsi illusioni. Marco Cappellari (Amici della Cassa) ha chiesto di non dimenticarsi dei piccoli azionisti, dietro i quali ci sono oltre 20mila famiglie, che rischiano di essere tagliati fuori da una trattativa per il solo pacchetto di maggioranza della banca.

La decisione finale è rimandata, ovviamente, ma l’impressione è dopo l’assemblea di ieri sia difficile cambiare rotta.

Lo spazio per le polemiche non è invece mancato. Malagodi ha chiesto e ottenuto che il segretario generale Guido Reggio rendesse noto il suo stipendio: 12mila euro lordi al mese, tutto compreso. Mascellani, assieme allo stesso Malagodi, è stato l’unico a votare contro il bilancio, dopo il supplemento di spiegazione del nuovo revisore Salvatore Madonna a proposito della scelta di prendere il valore medio di dicembre dell’azione Carife (3,87744 euro) per la maxi-rettifica: troppo esigue la base di 9.000 azioni scambiate, ha detto il costruttore motivando il voto contrario. Il ministero dell’Economia ha peraltro detto sì.

Stefano Ciervo

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