L’Italia vista dal cielo con Folco Quilici
TRESIGALLO. Grande successo per l'incontro svoltosi sabato sera alla Casa della Cultura. L'occasione era ghiotta per studiosi, documentaristi, addetti ai lavori ma anche semplici appassionati. Lo...
TRESIGALLO. Grande successo per l'incontro svoltosi sabato sera alla Casa della Cultura. L'occasione era ghiotta per studiosi, documentaristi, addetti ai lavori ma anche semplici appassionati. Lo dimostra il fatto che in sala ad assistere alla conferenza "Folco Quilici: l'Italia vista dal cielo. Riflessioni sulla trasformazione del territorio italiano", erano presenti oltre 130 persone. Ospite d'onore è stato il documentarista e scrittore ferrarese Folco Quilici, una vita intensa trascorsa filmando il mondo nella sua interezza e diversità, dagli abissi di "Sesto Continente" alle alture de "Dagli Appennini alle Ande". Una lunga carriera ricca di documentari che han fatto storia, da "Tikoyo e il suo pescecane" a "Oceano", ed importanti premi, dal David di Donatello alla Concha de Plata al festival Internazionale di San Sebastian. L'evento, ideato e organizzato dall'Associazione culturale Torri di Marmo, e patrocinato dal Comune, si prefiggeva di riscoprire una delle sue opere cardine: "L'Italia vista dal cielo", una serie di film sull'Italia vista dall'alto, commissionatagli nel 1965 dalla Esso. Dopo l'introduzione di Anna Maria Quarzi è stata proietta la puntata sull'Emilia Romagna e Marche, che ha dato il via al dialogo tra Folco Quilici, Giuseppe Muroni (Torri di Marmo) ed Elena Sambo (FAIgiovani Ferrara). Il regista ferrarese si è sciolto in un turbine di ricordi e aneddoti: dalle difficoltà nelle riprese -ancora sperimentali- dall'elicottero, al rapporto con personalità come Italo Calvino, Ennio Flaiano, Augusto Frassineti, passando per la candidatura al premio Oscar e ai racconti di gioventù. La mutazione del paesaggio è stato il filo conduttore: «Ricordo i primi viaggi in Polinesia, rimasi impressionato dalla natura incontaminata, dal rapporto armonico dell'uomo nella natura. Era il periodo di "Ultimo Paradiso" (1955). Poi tornai diverse volte, già ai tempi di "Tikoyo e il suo pescecane" (1960) qualcosa era cambiato. Tornai una decina d'anni dopo e non c'era più niente di ciò che avevo visto la prima volta. Ma non dobbiamo farci tradire dalla personale nostalgia».
