Ragazzi gay in piazza «Ferrara, noi esistiamo»
Un collettivo indipendente fatto di studenti, anche etero, molti minorenni Un 16enne: i bulli mi davano del frocio in bus, ho fatto coming out a scuola
Erano una ventina, quasi tutti studenti medi e minorenni, gli etero a dare sostegno alla maggioranza che è omosessuale. Ieri pomeriggio si sono seduti in pieno corso Martiri, ad adeguata distanza dai banchetti elettorali e di Altroconsumo, hanno srotolato uno striscione con una scritta significativa, “L’amore non si cura”, e hanno cominciato ad invitare i passanti del sabato pomeriggio a fare una foto assieme ai loro cartelli a fumetti. A parlare al megafono c’è una delle poche maggiorenni, Irina Aguiari, 19 anni, studentessa universitaria, che racconta la loro (breve) storia: «Siamo un collettivo giovanile, che si chiama “God save the queer” (come la canzone dei Sex Pistols, ma con la parola inglese che sta per non-eterosessuale, invece di queen, ndr), e ci siamo costituiti da un mesetto. Siamo ferraresi, non facciamo riferimento a partiti politici nè ad altre associazioni, non abbiamo ancora una sede e non abbiamo scelto per questa prima uscita piazza Duomo per protestare in specifico contro il vescovo Negri. Ovviamente siamo a conoscenza di certe posizioni e non le condividiamo, ma l’intendimento è solo di batterci per il riconoscimento dei diritti lgtbq (lesbiche, gay, trans, bisex e queer, ndr), oggi che è la giornata internazionale contro l’omofobia».
Una novità assoluta per Ferrara, che nasce dal movimento studentesco dell’anno scorso e colpisce soprattutto per la giovane età dei ragazzi che hanno deciso di mettersi in piazza, tra i quali ci sono anche 16enni. Come quello che accetta di raccontare la storia del suo coming out, risalente a qualche mese fa: «L’ho fatto prima a scuola, un istituto superiore della città, e poi a casa, da mia madre. Mi hanno aiutato anche gli insegnanti, un paio di loro in particolare. Durante il viaggio in pullman per andare a scuola, infatti, ero stato preso di mira da un gruppo di bulli, perché avevo preso le difese di una ragazza che uno di loro aveva “puntato”. Avevano cominciato ad insultarmi, mi davano del frocio, cose così. Allora ne ho parlato con gli altri ragazzi della classe e, devo dire, la loro reazione è stata normale. Anche con gli amici non ho avuto problemi, a parte forse uno o due. La mia famiglia? A mia madre l’ho detto in un momento di sfogo e lei l’ha presa molto bene». Il 16enne ha saputo dell’idea del collettivo lgbtq un mese fa, a cena con amici, «mi sono messo in contatto con gli altri ragazzi e subito abbiamo deciso di fare qualcosa in pubblico».
Il sit in è durato meno di un’ora, la portavoce con il megafono non si lancia in provocazioni verbali ma i concetti, nudi e crudi, “arrivano”: «A Ferrara la nostra realtà esiste, spesso è ignorata e non rispettata ma c’è. È inutile che venga riconosciuto il reato di omofobia se poi non si riconosce il soggetto da difendere, è solo perbenismo di facciata. Il reato colpisce poi solo persone singole, mentre associazioni contro i gay possono tranquillamente continuare a dire la loro». Posato il megafono, Irina aggiunge qualcosa su Ferrara: «Speriamo che il Comune possa fare qualcosa di più del registro delle unioni civili, come riconoscere i matrimoni gay celebrati all’estero: Grosseto lo sta facendo. L’educazione alla sessualità, poi, dovrebbe far parte del programma delle scuole. La città come reagisce su queste questioni? C’è ancora molto maschilismo, gli uomini devono essere virili eccetera, impastato di cattolicesimo, soprattutto nella visione della famiglia».
Poi i ragazzi si tirano su e vanno a fare un giro attorno al listone, tenendo ben disteso lo striscione. Al loro fianco ci sono i rappresentanti di Agedo, l’associazione dei genitori, parenti e amici di persone omosessuali, che distribuiscono pieghevoli: «Ci schieriamo a fianco dei nostri figli. Quanti siamo a Ferrara? Per ora due». Mica facile mettersi in piazza su certi argomenti.
Stefano Ciervo
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