La carica dei 150, tutti contro Mazzoni
11 milioni il «buco» dell’ex promotore Mediolanum: ieri in aula ex clienti da tutta provincia, ma lui non si presenta
Sono tanti, ma non tutti dei 150 truffati, «parti offese» come delicatamente dice l’addetto chiamandoli per l’appello.
Entrano uno dopo l’altro nell’aula in cui si svolge il processo a Raffaele Mazzoni, ex promotore finanziario di Mediolanum che ha rubato loro tanti soldi (11 milioni 303mila 865,55 euro, come reciat il capo di imputazione), la fiducia che avevano riposto in lui (spesso loro parente, ex compagno di scuola, amico e amico di amici) e il futuro, visto che tanti avevano investito con lui centinaia di migliaia di euro a testa. I fratelli Claudio e Paolino («niente cognome») vengono da Lagosanto e sono davanti all’aula assieme a tanti altri come loro. Mazzoni non c’è, non può esserci perchè la rabbia è ancora tanta, anche se è passato oltre un anno e mezzo dalla scoperta del «buco» che aveva lasciato, scappando, gli oltre 11 milioni di euro. «Se fosse qui gli direi che è un buffone e basta - dice gelido Claudio - Era il cugino di mia moglie, come facevano a non fidarci». «Era come un figlio per noi - lo riprende il fratello Paolino - io sono ancora stupito, per me era un bravo ragazzo, non lo odio». No, ma si sentono in colpa entrambi perchè diversi della loro famiglia hanno investito con Mazzoni («Ci prometteva anche il 20%») e dicono «abbiamo convinto tanta altra gente a investire con lui». Basta far pochi passi più in là, in tribunale, parlare con altri truffati e le parole diventano dure e allusive: «Mi basterebbero solo 5 minuti per star con lui e non dico altro...» spiega Fabio Leoni da Jolanda. Gli altri vengono da Ambrogio, Copparo, Comacchio, Ostellato, Ferrara e Jolanda appunto. «Gli ho chiesto una volta come faceva a dare interessi così alti, visto che banche e finanziarie non arrivavano a qui livelli - dice un signore da Jolanda - Lui mi rispose che era autorizzato da Mediolanum, ma era una truffa anche quella». Leoni lo riprende e sottolinea un aspetto che nei racconti della Grande truffa di Mazzoni, non compare spesso: «Lui andava in banca incassava i nostri assegni e titoli, ma nessuno si è mai chiesto come facesse ad avere tutta questa liquidità e nessuno che in Mediolanum avesse fatto scattare un sospetto». Tutti si fidavano di lui, questo il Grande trucco di Mazzoni. E Mazzoni se ne approfittava. Ora deve rendere conto alla giustizia di tre capi di imputazione contestati dalla procura e dalla finanza: truffa, falsi ed esercizio abusivo di raccolta risparmi, perchè con artifici e raggiri ha ingannato i clienti che gli consegnavano soldi che avrebbe poi dovuto trasformare in prodotti finanziari gestiti da Mediolanum: lo faceva, esibendo documenti, peccato fossero carta straccia, falsificati. Così, lo sanno i suoi ex clienti di essere stati truffati due volte, economicamente e psicologicamente. Tutti si infilano nell’aula del tribunale dove il giudice Silvia Marini deve valutare, penalmente, la sorte giudiziaria di Mazzoni. Ci sono gli avvocati che rappresentano i truffati, c’è il pm Nicola Proto che ha coordinato l’indagine e chiesto il rinvio a giudizio per Mazzoni. Da registrare il fatto che accusa, il pm Proto, e la difesa, l’avvocato Irene Costantino, non hanno trovato un accordo pre-processuale sulla pena da patteggiare (la procura chiede pene alte) e dunque si andrà a processo. Il giudice ha poi aggiornato udienza al 29 luglio, quando si ripresenteranno e i 150 truffati per un altro appello e assistere al processo al fantasma Mazzoni che ancora ha paura a farsi vedere e render conto del buco lasciato.