Crollo all’Ursa, in aula battaglia tra periti
L’accusa chiede il processo per 4 progettisti e costruttori. Le difese: le tesi della procura sono azzardate ed improbabili
E’ quasi un maxiprocesso, visto il numero degli addetti presenti nell’aula dell’udienza preliminare. Quasi 40 persone tra giudici, avvocati, tecnici e periti, e familiari. Quelli dell’unica vittima del crollo del capannone Ursa di Stellata di Bondeno, che con un effetto domino (una trave dopo l’altra cadute) non lasciò scampo a un giovane operaio, al turno notturno di lavoro, alle 4 del mattino del 20 maggio 2012. Due anni dopo, nell’aula del tribunale, ci sono la madre, tre sorelle e un fratello di Tarik Naouch, il giovane operaio di 29 anni, di origini marocchine, morto nel crollo: tutti costituiti parte civile con l’avvocato Claudia Tassinari, per rappresentare il ragazzo diventato una delle tante vittime, tra Ferrara e Modena, del sisma di 2 anni fa. Accusati di aver causato - pur indirettamente - la morte di Tarik sono quattro persone, secondo la procura che ne ha chiesto il rinvio a giudizio. Sono il progettista della struttura Pierantonio Cerini di Arezzo; il direttore dei lavori e presidente dell'Ordine degli Ingegneri di Ferrara Franco Mantero; il costruttore Simonello Marchesini della Stimet di Arezzo e il collaudatore dell'opera, l’ingegnere Mauro Monti, dirigente della Provincia di Ferrara. Tutti imputati di omicidio colposo, per colpa generica perchè, a vario titolo, sarebbero responsabili di carenze nella progettazione e costruzione della struttura che crollò uccidendo Tarik. Mentre da sempre i propri legali e consulenti sottolineano come non vi fossero obblighi giuridici, fino al 2005, nel Ferrarese che non era zona sismica, di applicare norme di sicurezza contro i terremoti. L’udienza comincia alle 12.30 e va avanti per tutto il pomeriggio, fino alle 15.30: si svolge a porte chiuse, come vuole la procedura, poichè non siamo ancora al processo. E’ il gup Piera Tassoni che dovrà deciderlo, valutando se la richiesta di rinvio a giudizio proposto dalla procura sia da accettare o meno. Per farlo, occorre capire i motivi, tecnici, del crollo del capannone che uccise Tarik. E allora ecco in aula il confronto-scontro tra ingegneri e progettisti: il consulente della procura, l’ingegnere Comastri che con un pool di 5 tecnici ha eseguito la perizia della procura sul crollo Ursa e degli altri capannoni in cui morirono altri tre operai nel Ferrarese (Ceramiche S.Agostino e Tecopress). L’ingegner Comastri ha ribadito le conclusioni della propria consulenza sostenendo che anche se l’area del Ferrarese non era zona sismica e dunque non prevedeva l’obbligo di progettare strutture seguendo norme antisismiche, non sarebbe stata rispettata una norma (un Dpr del 1987) che imponeva a progettisti e costruttori di verificare le reazioni delle strutture, verifiche di stabilità contro gli spostamenti orizzontali (in caso di vento o altre calamità). Una tesi che tecnici e legali delle difese dei 4 imputati non condividono affatto.
Parla uno per tutti, l’avvocato Lorenzo Valgimigli, legale di Monti: «La tesi dei consulenti tecnici del pm è del tutto azzardata ed improbabile almeno per le ragioni tecniche addotte. Non so se il procedimento si fermerà all’udienza preliminare, ma credo non abbia gambe per camminare in dibattimento, o almeno le argomentazioni accusatorie non giustificano un processo». Toccherà al giudice Tassoni deciderlo. Lo farà alla prossima udienza, 5 giugno.