Una Morghen di pochissime parole
Ieri sera il comizio lampo della candidata M5S. La frase più forte: «Per rianimare non servono fiori ma l’elettroshock»
E la Morghen alla fine parlò solo 5 minuti. Dopo il comizio di Bologna - quando parlò prima di Beppe Grillo e pronunciò un paio di frasi piuttosto sconcertanti come quella che «la Democrazia cristiana governa a Ferrara da 68 anni» - si era creata una certa attesa per il discorso di ieri sera. Invece ha parlato poco e detto pochissimo. Alludendo forse al suo discorso bolognese Ilaria Morghen ha esordito così: «Mi hanno chiesto di rianimare la città, ma la rianimazione non la fai con i fiori, la fai con l’elettroshock». Con un premessa del genere forse anche il pubblico accorso in piazza Savonarola si aspettava un po’ di fuochi artificiali. Niente da fare. La candidata a sindaco ha mantenuto un profilo tutto sommato basso, almeno rispetto a tanti degli esponenti grillini che avevano parlato prima di lei fra le 21.30 e le 22.25. «Dicono che siamo pericolosi. Si siamo pericolosi, ma per i disonesti, gli asserviti, i liberticidi». Poi ha parlato delle due strade che si presentano agli elettori: «Una la sapete, è la strada della privatizzazione delle reti del gas e dell’acqua, la strada dei 600 milioni che è costato l’ospedale di Cona, la strada degli asili costruiti sulle discariche...» E qui ha preso il primo vero applauso.
«Poi c’è un’altra strada, forse avveniristica, certo difficile, la strada della città-parco, della città tecnologica...». Ha toccato il tema della sanità per affermare che «la programmazione sanitaria è una cosa che non esiste più in nessuna provincia», che è roba «che risale ai tempi di Stalin». Lei propone una «vera ed efficiente sanità pubblica».
«Visto che sono su un palco voglio rubare una frase da una canzone di Vasco Rossi: «Qui non c’è nessun che ci dà ordini, non ci sono angeli che vi indicano la strada...». Con una capriola passa al discorso lavoro: «Vogliamo un lavoro senza padroni, una volta i padroni si chiamavano caporali, ora si chiamano tessere di partito. Liberatevi cittadini da tutto questo». Poi il microfono torna nelle mani di Alessandro Cantale, che ha fatto da conduttore della serata e così aveva introdotto Ilaria Morghen: «E ora ecco il futuro sindaco di Ferrara». Ma la sensazione procurata dal discorso della Morghen non è stata quella di una persona che aspiri a tanto. È sembrata rinunciataria, poco aggressiva, almeno al cospetto di chi l’aveva preceduta: non un attacco diretto a Tagliani o al Pd, cosa nella quale si sono esercitati con successo sia i candidati al consiglio comunale di Ferrara che i candidati a sindaco dei Comuni di Fiscaglia (Mirco Barbieri), Argenta (Luca Bertaccini), della rodigina Stienta (Federico Benini), e ancoa meglio i parlamentari come Maria Edera Spadoni, Dell’Orto e altri. Qualche flash dei candidati in consiglio. Silvia Mantovani: «Chiunque di noi votiate avrete votato per voi». Cantale: «Dovesse andare male avremo comunque 4-5 consiglieri e vi assicuro che gli romperemo i coglioni». In piazza Savonarola c’erano 200-250 persone, che di questi tempi non è poco. Ad ascoltare anche Rendine, candidato sindaco di Gol.
Marcello Pradarelli