La ricerca del quorum locale
L’editoriale del direttore STEFANO SCANSANI
Botta Renzi alle europee, volata Tagliani alle comunali di Ferrara, e il Pd è fatto. Perché prima non c'era, con la sua vocazione cannibalistica e suicidiaria, la voglia di perdere e azzuffarsi all'interno, a causa dello scetticismo per il ragazzo premier di Firenze, il partito era considerato in via d'estinzione.
Alle cinque e mezza di ieri pomeriggio nella sede dei democratici in via Frizzi i due ritratti (su pareti diverse) di Moro e Berlinguer hanno sorriso. Il neo-bis-sindaco della città estense ha stappato una bottiglia di Ferrari. La meno cara, s'intende, perché Tagliani il cattolicosociale, renziano di ponderata adesione, è minimalista dichiarato, sobrio, chiaroveggente di se stesso.
Facile dire come sarebbe andata, però a scodelle lavate. Ma non è il suo caso. Perché Tagliani, che ha portato a casa il 55,6 per cento dei consensi contro i 45,8 di cinque anni fa, s'è fatto la campagna elettorale da solo. Non ha voluto gli assessori in lista per evitare di creare turbative fra loro, gli altri e le future elezioni regionali. È stato alla larga dai dibattiti insidiosi (a qualcuno non è piaciuto). Ha fatto una campagna solinga e pianificata di ora in ora, parola per parola. Ho il sospetto che per il secondo mandato Tagliani puntasse appunto al quorum ducale, al primo turno.
Glielo chiedo: marcia trionfale o sottofoglia? Naturalmente lui risponde sottofoglia, stile così caro alla Ferrara felpata e realistica insieme. Eppure fino a poco prima il rischio dell'onda del Movimento Cinque Stelle è stato alto, considerando il debutto ferrarese alle politiche dell'anno scorso con un quasi 30 per cento e gli iperdosaggi della propaganda di Grillo one man show degli ultimi giorni. Da Ilaria Morghen il sondaggismo locale di prìncipi e di popolo si aspettava ben altra performance: donna, medico, novità, boxeur, impegnata per salute e ambiente, diretta, anti-politichese. Il profilo era ottimale. Ma qualcosa deve essersi inceppato sulla via di Bologna, al di là degli eccessi di Grillo sui processi pubblici, delle evocazioni oltre-hitleriane, del "siamo in guerra" che hanno molto convinto parecchi indecisi a starne alla larga. Ho scritto sulla via di Bologna perché il punto di svolta del gradimento della Morghen potrebbe essere individuato nel suo comizio nel capoluogo regionale, quando riferendosi all'amministrazione cittadina gridò: "Perché quei bastardi hanno fatto un'ordinanza restrittiva che mi impedisce di parlare in pubblico".
La sorpresa per la debacle dei grillini sulla soglia del 15,9 per cento è doppia perché nella graduatoria dei consensi vengono surclassati dalla coalizione di Vittorio Anselmi (Forza Italia), fissata a quota 17,7. La riflessione che si impone ai Cinque Stelle non è genericamente nazionale e dettagliatamente ferrarese, riguarda anche le loro roccheforti emiliane: Parma e Comacchio.
Nella seconda realtà - che è nostra - M5S alle amministrative del 2012 pigliò il 69,2 (per Marco Fabbri al ballottaggio), nelle politiche dell'anno scorso conseguì il 24,7, alle europee di domenica si è attestato sul 26,3. È confermato quindi che sono gli uomini e le donne a fare i sindaci, più raramente i partiti e i movimenti. È il caso opposto e geograficamente estremo di Bondeno, dove il sindaco leghista Alan Fabbri ieri è stato riconfermato con un tondo 64,2 per cento (il Carroccio per le europee ha invece raggiunto il 15,9). È il caso atipico di Sant'Agostino dove Fabrizio Toselli di Forza Italia è stato riconfermato con i voti del centrosinistra e del centrodestra conviventi in una sola lista. E poi dicono che la provincia non è un laboratorio.
Stefano Scansani
s.scansani@lanuovaferrara.it