La Nuova Ferrara

Ferrara

L'ex ministro Clini si difende: «Non erano soldi pubblici, ma privati»

di Daniele Predieri
L'ex ministro Clini si difende: «Non erano soldi pubblici, ma privati»

Coinvolto nell'inchiesta per peculato, resta un’ora in aula davanti ai giudici: non si fa interrogare dal gip Tassoni e fa solo dichiarazioni spontanee

29 maggio 2014
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Arriva davanti al tribunale, come nei film all’americana, dentro un furgone-van dai vetri oscurati che in velocità si blocca, davanti all’ingresso del tribunale: escono, con gesti concitati prima l’uomo della scorta, poi i legali e quindi lui, Corrado Clini, ex ministro dell’ambiente. E da ieri anche «ex» direttore generale del ministero Ambiente (prima perchè «autosospeso», poi sospeso d’ufficio) per l’inchiesta che lo ha coinvolto a Ferrara e le altre che lo vedono indagato a Roma (corruzione internazionale) e Lugano (riciclaggio). L’interrogatorio è fissato per mezzogiorno, davanti al gip Piera Tassoni che lo ha fatto arrestare per peculato, per aver distratto - questa l’accusa - fondi pubblici investiti dal ministero ambiente in un progetto in Iraq. Clini e i suoi (cinque tra legali e scorta) vengono guidati dai cronisti verso l’aula dell’udienza preliminare dove si svolgerà l’interrogatorio. Che interrogatorio non sarà: Clini si limita a fare ‘dichiarazioni spontanee’, come si dice in linguaggio tecnico: parla solo lui, un monologo, nessuno che lo interrompa. Preferisce fare così che rispondere alle domande, ai dubbi e alla richiesta di chiarimenti del gip Piera Tassoni e del pm Nicola Proto che è in aula e che coordina l’inchiesta con il collega Filippo Di Benedetto. Resta quasi 50 minuti in aula, e dentro l’aula a porte chiuse, Clini racconta la sua verità, illustra la sua tesi difensiva. In realtà la legge, legge la stesso scritto che poi i suoi legali faranno avere alla agenzie di stampa. A fine udienza é il suo avvocato Paolo Dell’Anno a spiegare e raccontare cosa ha detto Clini. Ma sui soldi, il legale non parla: non si sofferma sull’accusa di peculato, per aver distratto soldi a fini personali, 1 milione 20mila euro poi depositati in un conto cifrato alla Usb Lugano Bank, nel conto denominato Pesce, dai fondi pubblici del ministero al progetto New Eden in Iraq. E congeda il cronista che lo stuzzica, riferendo «di non poter parlare di questi elementi». Nei 100 metri che dividono l’aula al van parcheggiato davanti all’ingresso del tribunale, l’avvocato Dell'Anno, con tutti che si affrettano verso il furgone che li aspetta, sintetizza l’ora passata in aula: «Abbiamo offerto al giudice elementi per poter fare valutazioni sulla correttezza del nostro operato, offrendo la nostra totale collaborazione - spiega il legale - Abbiamo prodotto documenti che dimostrano l'insussistenza dei reati contestati».

Dei soldi non parla, o meglio fa parlare poi nel pomeriggio le agenzie di stampa, che battono la lettera-scritto che Clini aveva letto in aula (vedi qui a fianco) dove tra le altre cose ha spiegato che i soldi contestati provengono da una Ong, privati dunque, e non da fondi pubblici. E adesso, alla luce dei documenti e della tesi prospettata da Clini, il gip Tassoni dovrà decidere se confermare o meno l'ordinanza di custodia che pone Clini ai domiciliari in casa sua a Roma. Così la stessa procura farà le valutazioni per dare il proprio parere in un senso o nell’altro. Al momento, non è stata presentata dalla difesa nessuna richiesta contro l'ordinanza di custodia ai domiciliari a Roma: «Attendiamo prima le valutazioni del giudice», chiude l'avvocato Dell'Anno infilandosi nel van, che riparte per Roma alle 13.15.