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«Ridurre i tempi per le nostre chiese»

«Ridurre i tempi per le nostre chiese»

L’appello del vescovo Negri alle istituzioni. Don Zanella: sono 63 gli edifici ancora inagibili e in condizioni molto critiche

30 maggio 2014
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«Preghiamo le istituzioni affinché riducano il più possibile i tempi: non sia perduto più un solo giorno». È l’appello lanciato da monsignor Luigi Negri a due anni dal terremoto, «una ruvida pedagogia della Provvidenza», come lo definisce. Con l’attenzione riposta a quella «grossa espropriazione della nostra tradizione» che le scosse hanno determinato. In termini di chiese tuttora chiuse al culto, soprattutto: sul territorio diocesano sono 63 su un totale di 113 danneggiate. «Siamo stati feriti tuttavia non abbiamo perduto la fede; questa è una sfida che stiamo vivendo tristemente ma bene», dice l’arcivescovo. I lavori post sisma procedono a rilento, tra mille lungaggini burocratiche. «Il Piano per la ricostruzione – spiega don Stefano Zanella, direttore dell’ufficio tecnico diocesano – è stato varato e gli ultimi incontri realizzati dalla Regione per i tecnici incaricati sono stati utili a portare chiarezza e a far capire le strade da percorrere». Da disboscare c’è una selva burocratica non indifferente, prosegue il prete-ingegnere, «una malattia che pervade il nostro Paese e chi cerca di semplificarla viene ritenuto pazzo dagli stessi che si lamentano, ma devono far rispettare la legge». Il problema è che «non esiste una legislazione adeguata all’emergenza”, complicazione che si aggiunge al fatto che “i beni danneggiati dal sisma non fanno più notizia e il Paese Italia ci sta lasciando soli».

Sono stati comunque due anni «di impegno e di grandi soddisfazioni, per chi sta lavorando e si sta prodigando a ricostruire il terremoto», sostiene don Zanella il quale passa in rassegna i risultati. Con i fondi d’emergenza sono state messe in sicurezza otto chiese, tra cui i campanili di S. Benedetto e S. Domenico e S. Maria in Vado, già riaperta in parte: per la basilica di via Borgovado c’è intanto una buona notizia e cioè la possibilità di passare da un miglioramento sismico ad un vero e proprio progetto di restauro, coinvolgendo l’antico convento; la controindicazione è l’allungamento dei tempi. Con l’ordinanza 83 del dicembre 2012 sono state rese nuovamente disponibili cinque chiese (esempio, la Sacra Famiglia). A giugno è prevista la riapertura di Pilastri, Monestirolo, parrocchia del Gesù (già disponibile grazie a un contributo in proprio di 40mila euro) e S. Nicolò d’Argenta. Tempi più lunghi per S. Stefano e S. Chiara, oltre che per la chiesa parrocchiale di Bondeno. Così come un iter più complesso stanno vivendo le opere inserite nell’annualità 2013-14: finora sono stati inviati alla Regione cinque progetti preliminari (S. Maria Nuova-S. Biagio, Mizzana, S. Bianca di Bondeno, Vigarano Pieve e Fossanova S. Marco), due sono stati approvati (Cocomaro di Focomorto e S. Antonio Abate, pur non inseriti nel pacchetto 2013-14) ed entro giugno ne saranno consegnati altri 13. “Per ciò che riguarda edifici più complessi come la Cattedrale di Ferrara e il Palazzo Arcivescovile i tempi saranno certamente più lunghi”, fa sapere don Zanella.

La situazione più critica rimane quella di S. Domenico: «Versa in uno stato di abbandono che il terremoto ha accresciuto, aggravato e peggiora di giorno in giorno – dice Aniello Zamboni, direttore dell’ufficio per i beni culturali ecclesiastici -. E’ in corso un progetto d’intesa tra diocesi e l’Accademia di Belle Arti di Brera che permetterebbe una sorta di adozione dei beni mobili di S. Domenico e il successivo restauro». Chiude monsignor Negri: «Noi abbiamo grande rispetto delle istituzioni; serve un’interlocuzione forte sulla base delle nostre ragioni, non pretendiamo nulla se non il giusto, contando su una nuova mobilitazione anche economica del popolo cristiano».

Fabio Terminali