Morta dopo l’intervento Assolto il medico di base
Secondo l’accusa aveva sottovalutato lo stato di disidratazione della paziente La difesa contro i periti: «Hanno scaricato la responsabilità sul mio assistito»
Non ha sottovalutato le condizioni della sua paziente e non può essere ritenuto responsabile di un evento drammaticamente imprevedibile. A tre anni dalla morte di Maria Roncati, 64 anni, deceduta al Sant’Anna il 1º aprile 2011 dopo un intervento d’urgenza alla colecisti, il dottor Massimo Bevilacqua, medico di base, ieri è stato assolto con formula piena dal giudice Luca Marini «per non aver commesso il fatto». Il pm Nicola Proto aveva chiesto il minimo della pena.
Altri cinque medici - tra chirurghi e personale dell’ospedale Sant’Anna - erano stati indagati e poi prosciolti sulla base di una perizia tecnica d’ufficio. Perizia su cui si sono concentrate le critiche del difensore Andrea Toschi, che ieri nel corso della sua arringa ha sottolineato che «l’unica preoccupazione dei periti Francesco Ferrari e Gerolamo Tonini di Brescia è stata quella di escludere la responsabilità dei chirurghi e dell’azienda ospedaliera, riversando tutta la colpa sul solo medico di famiglia». Medico che, ha ricordato ancora Toschi subito dopo la sentenza, in realtà aveva continuato a godere della fiducia dei familiari della signora Roncati, che avevano continuato a essere seguiti dal dottor Bevilacqua fino alla pensione. I familiari si erano costituiti parte civile ma proprio ieri l’avvocato Antonio Boldrini che li rappresentava ha revocato la costituzione a seguito di un risarcimento.
«Eravamo sicuri dell’assoluzione del dottor Bevilacqua - commenta l’avvocato Toschi - Tutti gli elementi emersi nel corso del dibattimento erano tali da scagionarlo. Il mio assistito ha più di 40 anni di servizio alle spalle, ed è tra i più puntuali, precisi e preparati medici di base di Ferrara, e anche in questo caso la sua condotta professionale è stata ineccepibile».
La signora Roncati si sentì male la notte di domenica 27 marzo e il giorno dopo si rivolse al suo medico di famiglia. A fronte di sintomi tipici di una gastroenterite, il medico applicò la terapia e nei giorni successivi continuò a monitorare le condizioni della paziente. La situazione però precipitò, in modo improvviso e inaspettato, giovedì 31 marzo. La donna venne ricoverata e operata d’urgenza alla colecisti. Nel corso dell’intervento le venne praticata una massiccia infusione di liquidi, per compensare uno stato di disidratazione. Nel corso della donna insorse un’embolìa che risultò fatale alla signora, deceduta all’1.30 del 1º aprile, il giorno del suo compleanno.
Da qui l’accusa di omicidio colposo, prima estesa a sei medici, poi ridotta al solo dottor Bevilacqua perché secondo l’accusa avrebbe sottovalutato lo stato di disidratazione che avrebbe poi resa necessaria quella massiccia infusione di liquido, considerata a sua volta dai periti la causa dell’embolìa.