«Una frode sull’acciaio»
Uno degli accusatori conferma le accuse davanti al giudice
Matteo Luigi Padoan, uno dei due accusatori della maxi-inchiesta sulla frode fiscale dell’acciaio, ieri ha confermato e “congelato” le sue dichiarazioni nel corso dell’incidente probatorio che si è svolto in tribunale davanti al giudice Monica Bighetti. Padoan ha spiegato il meccanismo alla base del raggiro, che era finalizzato - secondo l’accusa - all’evasione dell’Iva. Padoan ha anche chiesto il rito abbreviato e ieri si è svolta la discussione, al termine della quale il pubblico ministero ha chiesto per lui una condanna a 1 anno e 6 mesi. Sulla pena deciderà il giudice il 16 giugno prossimo. Non è andata a buon fine invece la richiesta di patteggiamento proposta da Giulio Galletto, l’altro imputato che ha fornito elementi utili all’inchiesta. L’avvocato Alessandro Gabellone aveva proposto due anni vincolati alla condizione della pena sospesa, ma quest’ultima istanza non è stata accolta e il patteggiamento è saltato. Altro aspetto che dovrà essere valutato dal giudice è l’eccezione territoriale. I legali delle persone sotto accusa hanno infatti chiesto che il processo sia spostato a Reggio Emilia, a loro avviso sede competente. Ma sarà il giudice a valutare se l’eccezione ha un fondamento. Al centro dell’inchiesta, il ruolo di Massimo Ciancimino e di un’altra ventina di persone ora sotto processo a Ferrara e in altri tribunali dove i procedimenti sono già stati spostati per competenza (Reggio Emilia, Modena, Verona e Pesaro). Secondo l'accusa compratori e venditori dell’acciaio avrebbero architettato a tavolino trucchi contabili che permettevano di abbattere l'Iva per accaparrarsi vantaggi sui prezzi di mercato. Imponente il giro d’affari presunto: oltre 100 milioni di euro tra evasione fiscale e Iva non versata allo Stato.