La Bignardi sorride e si prepara a scrivere della sua città
Dopo il successo di “L’acustica perfetta” ecco il nuovo libro «Nel prossimo romanzo si sentirà il legame con Ferrara»
Daria Bignardi non ha bisogno di presentazioni. La popolare conduttrice tv ci ha concesso un’intervista per parlare del buon esito di vendita del suo ultimo libro, L’acustica perfetta, edito da Mondadori nel 2012, in attesa che in autunno venga pubblicato un nuovo romanzo, ambientato a Ferrara, che, com’è noto, è la sua città natale.
Parliamo de L’acustica perfetta, personalmente l’ho trovato un romanzo che tocca le corde dell’emotività, che sa parlare al cuore e alle paure di ognuno di noi. Credo infatti, sia esperienza abbastanza comune avere storie d’amore tormentate. Ma questo libro non parla solo di un legame complicato, piuttosto della mancanza di comunicazione dentro la coppia, perché Arno, pur essendo convinto di amare totalmente Sara e di averle dato tutto nella storia, non s’è reso conto che la moglie aveva un passato di traumi, un’adolescenza difficile, quella che oggi chiameremmo “disagio giovanile”?
«Arno, nonostante sia un musicista - spiega la Bignardi -, è sordo al dolore. Forse qualcosa di più: ne è turbato e preferisce non affrontarlo, non averci a che fare. Un atteggiamento che può definirsi anche sano, se non sfocia nell’insensibilità e se non va ad interferire, come nel suo caso, con la realizzazione affettiva di chi ti sta vicino».
Il rapporto della protagonista con la madre appare conflittuale, questa appare anafettiva verso la figlia, è quasi più materna nei confronti di Arno. La figura della madre, al di là di questo romanzo, è presente anche in Non vi lascerò orfani, che però è autobiografico, ed è una madre agli antipodi di quella di Sara. Quanto è stata importante per lei, sua madre? Ha inciso sul suo cammino, professionale ed umano?
«È vero, mia madre era diversissima della madre di Sara e mi ha influenzato molto ma in modo reattivo: tutto quel che ho fatto da ragazza l’ho fatto spesso per reazione al suo carattere ansioso. Il suo tentativo di coercizione e controllo per me era una spinta per fare anche cose di cui avevo paura, le facevo con più coraggio proprio perché mi venivano proibite. In questo modo ho sviluppato una certa intraprendenza che poi mi è stata molto utile. Ma mia madre era affettuosa, calda, passionale, il contrario della madre di Sara. Certamente l’atteggiamento e i problemi della madre di Sara hanno nuociuto alla figlia, rendendola insicura e autolesionista e soprattutto poco capace di chiedere e pretendere amore».
L’acustica perfetta si può definire un romanzo di formazione, un viaggio attraverso il dolore, che Arno non aveva mai conosciuto, attraverso il quale il protagonista diventa uomo. Il diventare uomo, in questo caso, significa, imparare ad ascoltare l’altro, ad essere empatici. Sara, non a torto, definiva sua marito ‘autistico‘, tanto era concentrato solo a suonare il suo violoncello. Come è possibile giungere a questi livelli di mancanza di ascolto e di desiderio di scavare nelle profondità della persona che amiamo?
«Ad Arno manca la capacità di essere empatico ma è una brava persona, rispettosa dell’individualità e della libertà femminile, cosa che gli hanno insegnato i genitori sessantottini. Se avesse trovato una donna senza il disperato bisogno di condivisione del dolore di Sara forse tra loro sarebbe andato tutto bene».
Ultima inevitabile domanda: da molti anni non abita a Ferrara. Cosa l’ha portata a vivere a Milano? È rimasto un legame con Ferrara? Torna spesso? Come la trova dal punto di vista culturale? Che consigli darebbe a chi voglia intraprendere la carriera giornalistica?
«Che domandone… Allora: A Milano mi ha portato la ricerca di un lavoro che mi piacesse e un ambiente più aperto di quello ferrarese. È rimasto un rapporto fortissimo con la bellezza della sua città, le sue peculiarità metafisiche; nel prossimo libro credo che questo legame si sentirà moltissimo. Torno ogni tanto , ma non tanto spesso quanto vorrei: a Ferrara abitano mia sorella e un paio di cari amici che mi piacerebbe vedere di più. Dal punto di vista culturale Ferrara è un gioiello, avrebbe da imparare anche Milano. Consigli per i giovani giornalisti? Iniziare il prima possibile, essere pronti a molti anni di gavetta e sacrifici, essere flessibili, intraprendenti, curiosi, precisi e capire come sono i giornali on line».
Veronica Capucci
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