«Quel parroco è innocente Vescovo, gli stia vicino»
Due lettere dei fedeli della comunità dove esercita il sacerdote condannato Una al capo della diocesi e l’altra alla “Nuova”: è in atto una caccia alle streghe
Qualche giorno prima della sentenza che ha condannato a un anno e quattro mesi un parroco ferrarese per molestie sessuali su un bimbo di 3 anni «i parrocchiani», così si definivano, delle frazioni dove oggi il sacerdote presta servizio hanno scritto una lettera al vescovo di Ferrara, Luigi Negri. I fedeli chiedevano al capo della diocesi «di sostenere il nostro parroco in questo per lui difficile momento. Vogliamo stringerci attorno a lui per fargli sentire la nostra presenza, per incoraggiarlo, per spronarlo come lui ha fatto con noi in questi ultimi mesi dimostrandoci che insieme si può molto». Tra i meriti del parroco citavano l’aver riportato «in parrocchia i bambini», «i genitori» e «i laici». Un messaggio di fiducia e affetto che, l’altro ieri, è stato ribadito in una lettera inviata alla “Nuova” assieme all’«incredulità» per «la sentenza emanata nei confronti della nostra guida spirituale, sentenza che ci lascia basiti visto che alcuni di noi hanno vissuto l'evolversi della situazione e, anzi, lo conoscevano ancora da prima che si scatenasse questa storia. La nostra incredulità deriva dalla nostra esperienza, dal nostro “vedere” il comportamento del nostro parroco nei nostri confronti, nei confronti dei bambini del catechismo. Il suo comportamento non è cambiato da “prima” di questa accusa assurda, a “durante” l'evolversi dell'inchiesta alla “fine” con la sentenza». Per “i parrocchiani” è palese come «attorno al problema pedofilia si scateni sempre più spesso una caccia alle streghe senza la volontà di capire, comprendere il singolo caso, ragionare sulle situazioni». E quella sentenza, sostengono gli autori dello scritto, «lascia tutti contenti: il pm che ha ottenuto una condanna, la famiglia che ottiene un risarcimento economico (se avesse vinto il don in che modo la famiglia del bambino avrebbe potuto pagare?), l'opinione pubblica che deve sempre vedere l'uomo nero dietro ogni angolo e qualcuno da criminalizzare. Gli unici a rimetterci sono, oltre al nostro don che continua a proclamarsi innocente e a cui noi crediamo, le nostre comunità che si ritrovano senza una persona come il nostro don che sapeva indirizzare le nostre energie». Sul web, nei post pubblicati dopo il verdetto si moltiplicano «i commenti di persone che “godono” nel vedere il male ovunque, persone talmente aride che non concepiscono cosa vuol dire essere “veramente” uomo di Dio, amare Gesù e mettere in pratica i suoi insegnamenti». La chiosa è amara: «Nella società in cui viviamo non è difficile rendersi conto che nulla è cambiato negli ultimi 2000 anni. Saremo sempre vicini al nostro don e ci auguriamo che lo sia anche la Curia».
L’avvocato del prete, Claudio Maruzzi, aveva già espresso il suo sconcerto per la sentenza dichiarando che «è comprensibile che il sacerdote viva questa decisione come una profonda ingiustizia e una persecuzione». Un’opinione non proprio in sintonia con le affermazioni dell’altro legale, Giovanni Montalto, che rappresentava in aula la parte civile, cioè l’accusatore del sacerdote. «Trovo del tutto fuori luogo - aveva ribattuto Montalto - il clamore suscitato dalla sentenza che ha precisi riferimenti testimoniali e trova un ulteriore fondamento nella circostanza specifica che l'imputato ha mentito al pubblico ministero. Spesso nelle denunce compaiono aspetti da accertare e approfondire e il compito degli inquirenti e della procura è proprio quello di trovare il contenuto di quegli spazi vuoti attraverso le inchieste. Proprio questo ha fatto la procura ferrarese e ha svolto egregiamente il suo lavoro».