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la testimonianza

Nella rete del gioco d'azzardo:«Solo un’abitudine. E se perdo, poi ritento»

Nella rete del gioco d'azzardo:«Solo un’abitudine. E se perdo, poi ritento»

Una settantenne racconta: «È cominciato per caso con le amiche un giorno al Bingo»

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Quando è stata decisa dal governo la diffusione infiltrante degli apparecchi per il gioco d'azzardo negli esercizi pubblici nessuno ha interpellato gli esperti in fatto di dipendenza patologica. La dottoressa Luisa Garofani punta il dito sulle subdole caratteristiche delle macchinette. «Il sistema si basa sul fatto che le vincite sono esigue e che quindi il giocatore ritenta la sorte più volte, sperando di recuperare tutto il denaro che sa di aver speso. È questo il meccanismo che lega le persone al gioco d'azzardo in una spirale perversa». Ad avvalorare la tesi dell'esperta una testimonianza raccolta fuori una sala giochi a Ferrara. «Ho cominciato ad andare al Bingo con le amiche qualche anno fa, per divertimento: era rilassante, incontravamo tante persone. Una mattina ero a spasso e ho visto una di quelle amiche del Bingo giocare con una di quelle macchinette. Un saluto, due chiacchiere e il pomeriggio dopo ero con lei a prendere un caffè al bar. Dieci minuti dopo il caffè ero alla videoslot». Parla e fuma senza tregua A.M., ultrasettantenne dall'aspetto curato, frequentatrice abituale di un bar dove si può giocare agli apparecchi di “amusement with prizes”, intrattenimento a premi. Benché ammetta di trascorrere qui troppo tempo e di spenderci anche troppo denaro, non crede di avere un problema. «È diventata un'abitudine. Quello che mi fa tornare a giocare è il pensiero che, anche se perdo, potrebbe capitarmi di vincere. E ho vinto qualche volta... poca roba però. I miei familiari non sanno che trascorro qua il pomeriggio, non voglio che lo sappiano. Si preoccuperebbero».(i.v.)