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«Per Carife meglio attendere l’autunno»

«Per Carife meglio attendere l’autunno»

Capatti: lo scenario si muoverà solo dopo i test Bce, non facciamoci ‘mangiare’ ora. Zapparoli: soluzione da trovare in fretta

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Il dibattito sul futuro della Cassa di Risparmio fa emergere posizioni che vanno ormai radicalizzandosi, prefigurando la nascita di almeno due correnti d’opinione che non potranno non influenzare le posizioni di chi, e si parla degli azionisti della banca, dovrà ad un certo punto decidere a chi vendere in tutto o in parte l’istituto di credito. A fornire qualche elemento in più di riflessione sull’unica ipotesi finora emersa, cioè l’integrazione con la Banca Popolare di Vicenza, scende in campo Sergio Cesare Capatti, allo stesso tempo profondo conoscitore del mondo bancario ed esponente della galassia di associazioni che ha governato Carife prima del commissariamento. Capatti è oggi presidente di Cedacri Parma, cioè la società di servizi informatici bancari nata dalle stesse Casse di Risparmio, e di Unifidi artigiani Emilia Romagna, quindi non difetta di contatti di prima mano: «Posso in effetti testimoniare direttamente due cose. Da una parte, le imprese dei territori che hanno via via perso le loro banche di riferimento, non hanno tratto giovamento dalle nuove situazioni. Dall’altra, tutte le banche che potrebbero essere interessate ad effettuare acquisizioni, sono in attesa delle risultanze delle “pagelle” di Bankitalia e Bce. Solo quando saranno terminate queste verifiche, le banche sapranno se gli aumenti di capitale che stanno effettuando un po’ tutti serviranno per ripatrimonializzare oppure fornire liquidità per eventuali acquisizioni». Ne discende, è questo il ragionamento che Capatti ha svolto anche all’ultima assemblea della Fondazione, che non è il caso «di decidere ora, in tutta fretta, di cedere la banca alla Popolare di Vicenza. I segnali che arrivano un po’ da tutti i board danno appuntamento all’autunno per parlare di acquisizioni o fusioni, potrebbe magari saltar fuori chi è disposto a lasciare ai soci ferraresi una quota di Carife (a differenza di Popvicenza), e questo può essere importante per chi si rivolgerà in futuro alla banca».

La conclusione di Capatti è tranciante: «Carife è una banca con 28mila soci privati e una maggioranza assoluta di azioni in mano alla Fondazione, che non deve rendere conto a Bankitalia. Altri (il riferimento è ad Arezzo, ndr) prima di farsi mangiare vivi, provano a difendersi: cosa vogliono i ferraresi? È il momento di dirlo chiaramente».

Su posizioni, almeno in partenza, decisamente diverse è Roberto Zapparoli, che da presidente di Federconsumatori sta raccogliendo, ormai da mesi, le storie degli azionisti Carife pesantemente danneggiati dal crollo del titolo. «Ho seguito il dibattito di questi giorni, c’è chi insiste sul concetto di banca del territorio. Bè, Carife a parte, la vicenda di Monte dei Paschi non mi sembra incoraggiante, stanno ancora contando quanto è costata alla collettività senese - ragiona il rappresentante dei consumatori - Della ferraresità della futura Carife, dico la verità, non sono preoccupato, importa che siano salvaguardati i risparmi e arrivino risposte in termini di sostegno alle aziende». Di una cosa Zappaterra è certo, «bisogna trovare in fretta una soluzione, perché il territorio boccheggia e una banca efficiente è fondamentale. Il silenzio ferrarese di fronte all’offerta di Popvicenza non cambierà prendendo tempo, non è un problema di timore di esporsi: evidentemente non c’è chi può farsi concretamente avanti. Un’offerta unica può ovviamente essere un problema, perché chi decide il valore della banca, in assenza di un mercato azionario vero, è l’acquirente: è auspicabile quindi un ruolo più attivo rispetto al passato da parte di Bankitalia». In attesa di una presa di posizione ufficiale da parte della Fondazione, che peraltro in queste settimane è tornata al centro della scena grazie all’attivismo del presidente Riccardo Maiarelli, ieri è arrivato un segnale abbastanza preciso da parte di uno dei grandi azionisti dello stesso palazzo Crema, cioè Confagricoltura. Il suo presidente provinciale, Pier Carlo Scaramagli, che è anche vicepresidente della stessa Fondazione, ha infatti riconosciuto che «ormai sembra chiaro l’interesse della Fondazione a trovare una soluzione alternativa per la banca. Da parte di Confagricoltura, posso affermare che questa soluzione sarebbe auspicabile, gli agricoltori in questo momento devono affrontare molti problemi ma certo sono interessati ad un’alternativa. Si tratta, se non altro, di rispettare le regole del buon senso e del mercato».

Le opzioni alternative sono per ora solamente sulla bocca degli addetti ai lavori, e dovranno nel caso fare i conti da una parte con l’esigenza di una forte ricapitalizzazione di Carife, dall’altra con vincoli esterni (antitrust, nel caso di fusioni con casse vicine). Poi c’è Bankitalia, che sui palcoscenici della prossima, maxi-riorganizzazione delle banche piccole e medie, certo non mancherà di recitare da protagonista.

Stefano Ciervo