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I destini della Carife: "Noi commissariati per calcoli sbagliati"

I destini della Carife:  "Noi commissariati per calcoli sbagliati"

Lenzi e Manuzzi: sono mancati 87 milioni di patrimonio da fiscalità differita
Il futuro? Una banca locale sente più il territorio. Comunque sarà un affare

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Il faccia a faccia con Sergio Lenzi e Ennio Manuzzi è arrivato dopo l’apertura sulla Nuova del dibattito sul futuro della Cassa di Risparmio di Ferrara, sotto commissariamento da oltre un anno, reduce da una cura dimagrante in termini di organico, sportelli e partecipazioni, e ancora in attesa di un’offerta da parte di Popvicenza che ne segnerebbe la fine come entità autonoma. Un momento particolarmente “caldo” per il mondo Carife, che proprio nella giornata di ieri è diventato addirittura torrido: le notizia del colpo di spugna sul processo milanese degli affari immobiliari si è sovrapposta a quella dell’arrivo delle sanzioni di Bankitalia per gli ex amministratori della Cassa di Risparmio. Anche dalle parole di Lenzi e Manuzzi, comunque, si comprende che nella vicenda Carife tutto è legato, e che senza aver capito fino in fondo cos’è successo dentro e attorno alla banca dal momento della prima ispezione Bankitalia, nel 2009, fino ad oggi, sarà difficile prendere decisioni pienamente consapevoli sul suo futuro.

 

Si sono presentati in maniche di camicia, i due ex pesi massimi della Cassa di Risparmio, perché ieri alle 13 faceva un gran caldo ma anche per mostrarsi più liberi di menare fendenti, rispetto a quando portavano sempre giacca e cravatta e sedevano nel board di corso Giovecca. E in effetti Sergio Lenzi e Ennio Manuzzi, già presidente e vice di uno dei sedici istituti italiani commissariati da Bankitalia, nel corso di un’ora e mezza d’intervista, di cose ne hanno raccontate, partendo dalla condizione di «amministratori in attesa di giudizio», cioè delle sanzioni di Bankitalia, ma anche da una doppia certezza: «Primo: non abbiamo rubato e nessuno ce lo contesta. Secondo: gli ispettori di Bankitalia hanno sbagliato a calcolare il patrimonio della banca».
Sono consapevoli, i due ex amministratori, che anche se riusciranno a provare in sede giudiziaria di aver subìto un torto da Bankitalia, non potranno riavvolgere il film che finirà comunque con la cessione di Carife, e che possono solo limitare i danni patrimoniali personali. «A casa mia l’onorabilità vale molto di più dei soldi» è però la frase che ripete Lenzi ed a questo punto la conversazione è già incanalata su binari interessanti.
A oltre un anno dal commissariamento, avete la possibilità di spiegarne i motivi?
Lenzi. Le contestazioni di Bankitalia, anche alla luce dei rilievi mossi a noi e agli altri consiglieri e sindaci, restano generiche. Non hai contenuto il rischio di liquidità, ci dicono: alla vigilia di una crisi come quella del 2011? Oppure non hai opportunamente segnalato le perdite nelle posizioni anomale: ma vivaddio, sei stata tu Bankitalia a ispezionarmi e dirmi cosa dovevo fare. Altro non potevano dire.
Manuzzi. La mentalità di Bankitalia è questa: la Fondazione controlla la banca, andiamo a vedere perché chissà che nefandezze troviamo. Bene, non hanno potuto contestarci nulla di crediti assegnati ai consiglieri e roba del genere.
Lenzi. Neanche nei confronti di grossi imprenditori.
Non avevate ricevuto segnali?
Manuzzi. Dopo un mese dalla nomina, da consigliere indipendente e non da rappresentante della Fondazione, ci chiamano a Roma (da Bankitalia) e ci fanno l’esame tipo maturità, tutte le materie. Torniamo e ci mettiamo in riga. Troviamo un direttore nuovo, e non è stato semplice perché ci abbiamo messo sei mesi appoggiandoci ad Egon Zehnder, e Bankitalia non ha detto nulla. E la scelta di Forin la ripeterei. C’è un confronto mensile con Roma.
Lenzi. In certi momenti giornalmente mandavamo i report su quanto entrava e usciva in cassa. Giornalmente.
Avete aperto cassetti e trovato cose, tra l’altro, finite nel processo di Milano. Ma i cassetti li avevano già aperti gli ispettori di Bankitalia, no?
Lenzi. Non tutti i cassetti. E tra l’altro, non tutte le contestazioni che appaiono sul verbale di commissariamento sono riportate sulle contestazioni pre-sanzioni. Ma il punto più rilevante riguarda il presupposto del finanziamento.
Di cosa parliamo?
Lenzi. È stato detto: la banca non aveva più gli indici patrimoniali adeguati. Bene, nel ricorso promosso dall’ex revisore dei conti Malfaccini, c’è un elemento importante, che risulta anche a noi: questa contestazione poggia su un calcolo tecnicamente errato.
Manuzzi. Sapete cos’è la fiscalità differita? Se tu hai un bilancio in perdita non paghi imposte, e quando avrai i prossimi utili continuerai a “scontare” questa perdita, generando risparmi negli anni successivi. La perdita enorme che ho avuto nella mia azienda ceramica l’anno del terremoto, la sconterò nei prossimi anni. È in sostanza un credito nei confronti dello Stato, così viene considerata nel mondo bancario: fa parte del patrimonio. Se si considera la fiscalità differita, Carife al momento del commissariamento poteva vantare 27 milioni di patrimonio al di sopra del minimo, non considerandola siamo a -60 milioni. Sono principi da noi sempre applicati nei bilanci precedenti, e Bankitalia mai ce li ha contestati.
Ma, scusate, cosa dice Bankitalia?
Lenzi. Nella memoria al Tar non c’è scritto nulla. Ma prima o poi qualcuno entrerà nel merito, la vicenda delle sanzioni uscirà dal recinto chiuso di Bankitalia ed approderà alla giustizia ordinaria. Sì, perché noi ricorreremo in ogni caso alla Corte d’appello di Roma contro le sanzioni, e allora si potranno sentire i testimoni di fronte ad un giudice.
Manuzzi. Con la fiscalità differita, tra l’altro, chi compra Carife incamerando il suo disavanzo, l’operazione se la fa pagare dallo Stato. A noi non hanno nemmeno consentito di accordarci con il costruttore del lotto milanese Calatrava (il secondo e meno pesante dell’affaire Siano alla base dei guai Carife, ndr) per andare avanti con il cantiere: gli ispettori Bankitalia ci hanno detto “non è il vostro mestiere, svalutate e basta”.
Abbiamo toccato il tema del futuro. Come finirà quello di Carife, secondo voi?
Lenzi. Il modo di fare banca, non solo a Ferrara, sta cambiando radicalmente. Il futuro dovrà passare per l’interpretazione di questo cambiamento. Noi sapevamo che bisognava chiudere filiali e ridurre il personale, stavamo già lavorando a questo progetto. Qualunque scelta si faccia, Vicenza o altri, bisognerà interpretare al meglio le novità che impongono di avere meno sportelli ma più service e tranquillità che il servizio funziona. Certo, una banca locale ha un sentiment diverso sul territorio.
Manuzzi. Il nuovo partner, chiunque sarà, può recuperare in fretta la fiducia dei 28mila azionisti e dei dipendenti: bisogna però partire nella maniera giusta. Si può trovare chi approfitta del momento e chi no, non sarebbe giusto approfittarne sapendo che la banca è ormai “purgata” da ogni anomalia ci si può attendere solo buoni risultati. Tra un anno, ad esempio, il terreno di Milano può valere qualche decina di milioni di euro. Chi entra a Ferrara fa un buon affare.
Lenzi. A proposito di territorialità, non si può non tener conto dell’effetto della moratoria terremoto: è costata almeno una decina di milioni. E Bankitalia non ha dato giusto valore al fatto di aiutare la gente del nostro territorio.
Stefano Ciervo
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