Ferrara, un film su Said: il ragazzo morto di freddo abbandonato da tutti. Ecco tutta la storia
Si intitola “Carta bianca” ed è in uscita il 26 giugno con Distribuzione Indipendente. Il regista Maldonado si è ispirato alla tragedia del ventinovenne marocchino, assiderato per strada a Ferrara nel 2010, nella notte di San Valentino. La denuncia della Nuova Ferrara scosse l’opinione pubblica nazionale
La tragedia di Said Belamel, il giovane marocchino morto di freddo a Ferrara il 14 febbraio 2010, diventerà un film. Alla sua storia infatti si è ispirato il regista Andres Arce Maldonado per la sua opera seconda, “Carta bianca”, in uscita il 26 giugno con Distribuzione Indipendente. Un modo «per parlare della paura dell'altro e di noi stessi», spiega lo sceneggiatore Andrea Zauli.
Said morì nella notte di San Valentino a Ferrara abbandonato da tutti dopo essere uscito ubriaco da una discoteca. Davanti al locale nessuno chiamò un’ambulanza, e il giovane dopo essersi allontanato finì nelle acque gelide di un canale e si trascinò per tre ore in agonia. Si denudò dei vestiti bagnati e cercò di fermare le auto che però passavano indifferenti. L'autopsia stabilisce la causa del decesso: grave stato di ipotermia. Se qualcuno fosse intervenuto, lo avesse soccorso, Said non sarebbe morto.
Un filmato catturato dalle telecamere di una ditta della zona restituisce tutto lo strazio e la tristezza della fine di Said. Nelle immagini il ventinovenne si aggrappa al cancello e chiede aiuto, poi si allontana, esce dall'inquadratura per riapparire poco dopo, e alla fine cade a terra
Video: Said seminudo e barcollante prima di morire
A scuotere l’opinione pubblica ferrarese fu il necrologio che comparve sulla prima pagina del quotidiano la Nuova Ferrara: c'era la foto a tutta pagina di Said Belamel, 1985-2010.
L'appello del giornale lanciato dal direttore di allora, Paolo Boldrini (oggi alla direzione de La Gazzetta di Mantova) scosse tutti e tutto: a quelle parole sulla «Ferrara sazia e disperata», sui perché la città non doveva dimenticare, risposero il sindaco Tiziano Tagliani chiedendosi «Se questo è un uomo» e il vescovo Paolo Rabitti che strigliò la città: «Così muore la pietà, Ferrara svegliati e apri gli occhi».
Fu quel necrologio a far rimbalzare in tutta Italia la storia di Said, sui giornali e le tv, tanto che quotidiano e direttore vennero premiati dall'Università di Messina con il 'Pro Bono Veritatis', promosso dal movimento Nuova Presenza Giorgio La Pira e centro studi Rosario Livatino per aver denunciato l'indifferenza in cui si è consumata la morte di Said Belamel.
Paolo Boldrini ricorda quei giorni e in particolare il necrologio in prima pagina, pubblicato il 20 febbraio, che «ha scosso l'opinione pubblica e richiamato l'attenzione delle televisioni e di giornali nazionale: da allora, un morto di serie B era diventato uno scandalo italiano».
Per la morte di Said è tuttora in corso il processo in tribunale: quattro gli imputati per omissione di soccorso, due addetti della discoteca, un tassista e un amico del ragazzo. Ma è un processo che va a rilento. Prima c' è stata la sospensione per il terremoto, poi il cambio del giudice in corsa sulla soglia delle discussione finale e della sentenza. Il processo riprenderà il 28 ottobre prossimo. Intanto la famiglia di Said attende giustizia da quattro anni.