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Viaggio nei luoghi del Palio di Ferrara fra miti e tradizioni

Viaggio nei luoghi del Palio di Ferrara fra miti e tradizioni

Dal Duomo alle piazze Comunale, Castello e Ariostea ecco i tanti riti di uno spettacolo sempre suggestivo

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Quello ferrarese è il palio più antico del mondo, e in una città manifesto del Rinascimento Italiano come la nostra, se ne trovano tracce sin dal 1259: negli affreschi del Salone dei Mesi, ad esempio, a Palazzo Schifanoia e in letteratura nell’Orlando Furioso dell’Ariosto. Il nostro palio non prevede un nemico da battere, come invece molti altri palii guerrieri: è un palio di festa, grazie al quale ricordare e festeggiare ancor oggi una delle capitali culturali d’Europa, Ferrara.

Nei giorni scorsi passeggiando per la città non si potevano non notare i colori e gli animi contradaioli delle piazze, le quali una volta all’anno diventano teatro di tutte le gare e esibizioni.

Ripercorriamole in ordine cronologico seguendo lo Statuto del Palio. Quanto conosciamo di questi ambienti all’apparenza banali e quotidiani? E soprattutto, perché ancora oggi funzionano alla perfezione?

Il sagrato del Duomo, la Benedizione dei palii e dei ceri

Le contrade partendo dalla loro sede arrivano da diversi ingressi: San Luca da Porta Reno, San Benedetto da Corso Martiri, San Giacomo da via Garibaldi, e così via. Si schierano formando due ali ai lati del sagrato del Duomo, quattro contrade da una parte e quattro dall’altra, con la Corte Ducale che si posiziona al centro. È l’unica piazza non competitiva, teatro di una cerimonia storicamente simbolica che apre le danze a maggio, mese festivo per eccellenza.

I palii vengono trasportati all’interno del Duomo, in una celebrazione che identifica un percorso di avvicinamento a Dio, iniziato proprio sul sagrato che, per definizione, è sempre stato urbanisticamente progettato e pensato come un primo filtro per i fedeli. Inizia così un percorso gerarchico e architettonico di graduale presa di coscienza del Divino, partendo da quello spazio consacrato, il sagrato, quasi sempre sopraelevato di qualche gradino e, in antichità, deputato alla sepoltura dei fedeli cristiani. Mentre questo percorso spirituale si compie, i contradaioli cercano di toccare, con i foulard o bandiere delle loro contrade i palii che sfilano, in segno di buon auspicio.

Fino al 1924, al centro del sagrato, dove si esibisce la Corte Ducale, era collocata la statua del Re Vittorio Emanuele II. Il monumento, opera in bronzo con basamento in materiale lapideo, realizzato dal famoso scultore dell’Età Umbertina Giulio Monteverde, venne trasferito poi nella piazza Torquato Tasso, oggi Piazza della Repubblica, e riposto nell’immediato secondo dopoguerra al museo del Risorgimento e della Resistenza di corso Ercole I d’Este.

Piazza Comunale, il Maracanà delle bandiere

Dal Volto del Cavallo si accede alla piazza Municipale, l’antico Cortile Ducale. È una fantastica piazza chiusa all’Italiana, rigorosamente pavimentata, esempio del modello di successo esportato in tutto il mondo. Vi si accede attraverso dei portici, come accade anche a piazza San Carlo a Torino o a Plaza Mayor a Madrid, e ha un’ottima definizione, tanto che durante la gara delle bandiere è lo stesso spazio circoscritto ad accentuare lo spirito di aggregazione contradaiolo, migliorando la percezione dei colori della rappresentazione e dei suoni dei musici. Piazza Municipale ha mantenuto sempre lo stesso prestigio grazie alla propria tradizione ed alla rivalità storica fra contrade, che ha contribuito a far diventare grandi le scuole di bandiera e di musica ferraresi.

L’ordine, la simmetria, la sicurezza e l’eleganza architettonica dei palazzi che circondano il campo di gara sono diventati un simbolo di forza culturale mondiale. Alcuni esempi? In Francia, Place Royale, de Vosges, Daulphine e Vendome sono tutte costruite secoli dopo seguendo il modello Italiano.

Secondo il Leon Battista Alberti, “Se la città è una grande casa, la piazza è il suo salotto”: non a caso, nel Ducato Estense, è proprio l’antica corte del Palazzo Ducale ad aver visto nascere il Teatro Moderno con alcune tra le prime rappresentazioni sceniche del Rinascimento. Molte sono infatti le commedie classiche apprestate dagli Estensi, come i Menaechmi di Plauto, recitata nel 1486 (durante il Carnevale) nella traduzione volgare, alla quale assistette anche l’allora adolescente Ludovico Ariosto. In questo clima culturale, qualunque duca o nobile avrebbe desiderato che la costruzione della propria piazza seguisse le regole del modello italiano, che fosse porticata e pavimentata, e per questo oggi abbiamo traccia di moltissimi chiostri all’interno dei palazzi, delle nostre biblioteche e sedi universitarie, per non parlare del Palazzo Costabili detto di Ludovico il Moro, attuale sede del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara.

Oggi, il disegno della pavimentazione in piazza Municipale è un riferimento per la coreografia, e in questo modo può risultare vincente, perché ancora è indubbia l’importanza di trionfare a Ferrara, in un contesto nazionale che vede le gare nelle altre città italiane ormai snaturate. Il vento è però sempre nemico delle bandiere, e non a caso il campo di gara insiste poco sulla tratta di strada dal volto del cavallo a quello di via Garibaldi detto della Colombina: il singolista ed i ragazzi del doppio sempre più spesso sbandierano verso il Volto del Cavalletto, sulla sinistra, guardando il palco frontalmente.

Piazza Castello

Ad aprirsi tra lo spazio che oggi è piazza della Repubblica (anticamente piazza Torquato Tasso) e quei Volti del palazzo dei Proiegati che uniscono il Castello Estense al Palazzo del Comune, aperto nel 1473 dal Duca Ercole I, è Piazza Castello. Ad essere rigorosi non è una piazza, non è mai stata progettata come tale: era infatti il ‘Cortil Grand’, utilizzato soprattutto per le stalle dei cani e dei cavalli e poi adibito a luogo di ritrovo per il mercato degli ortaggi, infatti in un secondo momento la piazza prese il nome di “Piazzetta delle ortolane”. Quando, con deliberazione del consiglio comunale, il piccolo mercato fu definitivamente spostato nel 1911, trovando nuova sistemazione in piazza di Porta Reno detta del Travaglio, essa riprese l’appellativo di ‘Piazza Castello’, con riferimento al maestoso maniero sorto nel 1385, per ordine del Marchese Nicolo II il Zoppo.

È questo il suggestivo teatro del Giuramento: i palii vengono posizionati sull’uscita destra della fortezza, posti a costeggiare il parapetto del fossato, con la faccia del palio rivolta verso la piazza e ben visibile dal pubblico. Uscite a turno dall’interno del Castello, le contrade hanno a disposizione undici minuti ciascuna per giurare fedeltà al Duca ed alla Corte Estense, ed è proprio su quel campo di gara non disposto con misure specifiche, ma solo delimitato da transenne, che ogni contrada mette in scena una complessa rappresentazione teatrale che coinvolge molti figuranti. Il tutto si risolve in pochi minuti, ma è necessaria una preparazione approfondita durante l’intero anno, perché gli otto borghi e rioni ferraresi raggiungano un punteggio alto, assegnato in base all’originalità ed ai riferimenti storici della rappresentazione: nelle raffigurazioni dei partecipanti si ritrovano infatti le credenze e usanze dell’epoca e tutto è inscenato con la massima fedeltà, nei modi e nei materiali, in ogni minimo dettaglio.

Piazza Ariostea e i quattro palii

Giunge infine inesorabile l’ultima domenica di maggio, la giornata predisposta alla conquista dei quattro palii: verde dedicato a San Paolo per la corsa delle putte, rosso di San Romano per la corsa dei putti, bianco dedicato a San Maurelio per la corsa delle asine e, infine, giallo o dorato dedicato a San Giorgio per la corsa dei cavalli. Il fervore della gara ha come spazio d’espressione piazza Ariostea, concepita nell’ambito dell’Addizione voluta da Ercole I d’Este nel 1494.

L’ingegno di Biagio Rossetti, dopo il primo Foro Rinascimentale che fu Pienza, progettò il Foro Ferrarese, centro della Addizione Erculea circondato, come da manuale, in gran parte da palazzi Rossettiani dotati di portico. Piazza Ariostea non è però centrata sul decumano dello schema romano dell’Addizione Erculea, dunque non su corso Ercole I d'Este, bensì risulta tangente al Cardo, La Giovecca: l’incrocio fra il cardo e il decumanus è riservato infatti al Quadrivio degli Angeli, ovvero l’insieme degli angoli di Palazzo dei Diamanti, Palazzo Prosperi-Sacrati e Palazzo Turchi di Bagno, i tre palazzi che vi si affacciano. La piazza così pensata, dunque, non era alimentata dalle arterie urbane principali e non riuscì mai a svolgere appieno la sua funzione di centro e di mercato per la quale era stata progettata dal Rossetti; anzi, il portico del Foro è rimasto incompleto e la piazza pare addirittura sovradimensionata rispetto al contesto urbanistico.

Negli anni ’30, in una piazza Ariostea rigorosamente pavimentata e sviluppatasi su di un unico livello, venne scavato, su progetto dell’ingegner Manfredini, il catino della piazza, proprio per migliorare la visione del Palio, che nel 1933 rinasce. La piazza della gara dei quattro palii fu trasformata sulla scia dello Square inglese. La differenza appare chiara se ci si riferisce al Covent Garden ed al Lincon Inn’s Fields di Londra, progettate dallo stesso grande architetto Inigo Jones, la prima come piazza, pavimentata e porticata con la funzione di centro e sede di un importantissimo mercato, ispirata alla piazza Ducale di Livorno che l’architetto visitò durante il Gran Tour italiano, la seconda come parco: sì, proprio come parco, infatti le città non presentano spazi verdi nel loro centro.

Così piazza Ariostea, nata per essere una piazza pavimentata all'italiana e centro della nuova città Rinascimentale, è diventata un parco, arena del gareggiare in memoria dello straordinario Palio corso nel 1471 per festeggiare l’investitura, ricevuta da Papa Paolo II, a primo Duca di Ferrara del Marchese Borso d’Este.

A pochi passi da piazza Ariostea, sul Cardo di Ercole Primo d’Este, si svolge il Corteo: la suggestiva sfilata in costume rinascimentale parte dalla Porta degli Angeli (ingiustamente chiamata “Casa del Boia”) e le centinaia di figuranti - disposti secondo schemi prefissati dai coreografi -, raggiungono il Castello Estense percorrendo a passo lento la via più bella d’Europa, l’antica via dei Piopponi conservata in modo sublime, con i suoi ciottoli e la sua luce fioca, in una magica atmosfera che prosegue anche negli spettacoli drammatizzati dai rioni e dai borghi, spettacolo conclusivo della serata a Piazza Castello.

Irene Lodi

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