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Una tonnellata di pesce “abusivo”

Una tonnellata di pesce “abusivo”

Ad Anita scoperti e denunciati due bracconieri che poi vendevano il prodotto al mercato nero

21 giugno 2014
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ANITA. Centinaia di pesci buttati tra sangue, fango e pezzi di rete. Oltre una tonnellata di pesce pescato abusivamente in una sola notte per un totale complessivo di circa due o tremila euro. A tanto ammontava il bottino di due pescatori, entrambi di nazionalità rumena, indagati a piede libero.

Ieri mattina nel comando di polizia provinciale di Ferrara è stato presentato il risultato dell’Operazione Artemide, condotta in sinergia da carabinieri di Portomaggiore, guardia costiera di Porto Garibaldi, dipartimento sanità pubblica unità operativa attività veterinarie, polizia provinciale e municipale, sotto la direzione di Ciro Alberto Savino della procura di Ferrara. L'operazione è stata svolta lo scorso aprile ad Anita nell'Argentano e rappresenta un passaggio importante sul fronte della lotta alla pesca abusiva, nel caso specifico, di acqua dolce.

Ai due cittadini rumeni, uno nato nel 1968, l'altro nel 1992 (parenti, ma non è stato specificato il grado), sono stati contestati sei differenti reati: uno di carattere sanitario, uno di natura paesaggistica, uno di natura ambientale e tre di natura edilizia. «Dopo diversi appostamenti, segnalazioni, controlli e indagini siamo intervenuti ritirando oltre una tonnellata di pesce, pescato in un solo giorno. Il pesce - ha spiegato Claudio Castagnolo, della polizia provinciale - versava in condizioni igieniche non adeguate. Veniva trasportato su un furgone sprovvisto di cella frigorifera all'interno del quale abbiamo trovato anche una batteria di automobile quindi non escludiamo che sia stata utilizzata anche l'elettricità per una pesca particolarmente cruenta».

Il pesce (quello sequestrato era stato pescato a Valle Lepri), sarebbe stato venduto all'estero, in Romania e Grecia, attraverso il mercato nero ma ciò non toglie che sarebbe potuto tornare anche sul mercato italiano. Siluri, carpe, tinche, carassi, temoli e abramidi ammassati l'uno sull'altra in condizioni davvero disastrose sia sul furgone, sia nel "laboratorio". Il "laboratorio" dal quale operavano, una baracca fatiscente in località isolata, versava in condizioni igieniche sanitarie precarie; lo scarico era a cielo aperto e tutte le viscere dei pesci venivano gettate in un condotto a cielo aperto che poi finiva direttamente nel canale: «L'odore era insopportabile e - hanno affermato le forze dell'ordine - immettere rifiuti di questo tipo nelle acque è veramente pericoloso». Il dipartimento di biologia dell'Università di Ferrara ha spiegato che il rischio di depauperamento del patrimonio ittico è molto elevato. «In un anno è stato perso oltre 1/3 del patrimonio e - ha continuato Castagnoli- se pensiamo che nel Ferrarese ci sono circa 4mila chilometri di canali, vuol dire che stiamo parlando di tonnellate e tonnellate di pesce».

I due indagati dovranno rispondere di quattro sanzioni amministrative che complessivamente ammontano a 4.500 euro e a livello penale i soggetti possono rischiare anche due anni di detenzione. La baracca verrà demolita, la licenza di pesca professionale ritirata e non è finita qui perché le indagini sono ancora in corso.

Se, come hanno concluso le forze dell'ordine, la tonnellata di pesce sequestrato era il risultato di una notte di "lavoro", significa che dietro a questa attività è difficile che ci siano solamente due persone: «Stiamo proseguendo con le indagini che coinvolgono più soggetti. Abbiamo colpito la punta dell'iceberg ma vogliamo andare fino in fondo nella lotta a questa piaga».

Samuele Govoni

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