Disegno moda per Parigi, così combatto la leucemia
Francesco Ferrari di Francolino ha 25 anni. In febbraio ha scoperto di essere malato. Lo stilista racconta la sua avventura, fra i grandi entusiasmi e un infinito coraggio
FERRARA. Mi sono ammalato di leucemia e quando ho capito che le possibilità di guarire potevano dipendere da un donatore di midollo osseo sano e che quel donatore potevo essere io fino a poco tempo prima, mi sono sentito ignorante. Ammalato ed ignorante. Non fate il mio stesso errore, chi può diventi donatore di midollo osseo, non rischiate nulla, se non di salvare la vita ad un'altra persona, spesso un bambino.
CREATIVO. Sono un creativo. Uno stilista. Ho 25 anni, sono di Francolino. Ho studiato all’Itis. L' esperienza di questi anni mi ha permesso pochi mesi fa con grande soddisfazione di iniziare ad esporre le mie collezioni a Parigi. Il destino purtroppo, non mi ha consentito di essere presente perché pochi giorni prima della partenza, mi hanno diagnosticato una brutta malattia, la leucemia linfoblastica acuta. La mia vita, da quel giorno, ha cambiato prospettiva, sono stato catapultato in un mondo a me sconosciuto, dove la sofferenza, l'impotenza e la speranza riempiono le menti delle persone.
ESSERE FELICI. Ho conosciuto altri ragazzi giovani e meno giovani, ognuno con una guerra da dover combattere e vincere per continuare a vivere. Ho capito da subito che bisogna imparare a vivere anche senza dignità, perché la malattia la toglie. Si inizia a vedere tutto inevitabilmente con occhi diversi, tante le domande, alle quali spesso non si trova mai una risposta… forse è meglio così. L’importante è continuare ad essere felici di ogni momento che si ha, continuare con le proprie passioni, non fermarsi. Capisci quanto l'uomo sia vulnerabile e fondamentalmente debole e che ogni giorno è un regalo. Se prima non sopportavo perdere tempo in cose o discussioni futili ora ancor meno. Il tempo è la cosa più importante che abbiamo da offrire a noi stessi ma soprattutto agli altri, per questo motivo per me è importante non perderne sia nel lavoro che nella vita.
IL MIO MONDO. Quando si entra in un mondo complicato come la moda, da neofiti e senza qualcuno che ti dia una direzione, non si ha mai una visione completa delle cose e di conseguenza si rischia di incappare in persone che ti usano e ti sfruttano facendoti perdere tempo e soldi. E' triste per un ragazzo che ha fatto del proprio lavoro un progetto di vita. Subentra un senso di apatia verso gli avvenimenti che ti permette di andare oltre, anche nei casi in cui ci si trova più in difficoltà. Per me lo stesso è valso di fronte alla malattia. C'è, fa parte di te, bisogna ignorarla ma allo stesso tempo combatterla con tutta la forza che si ha. Creare un mio mondo nella moda tramite visioni personali ben precise è stato l'obiettivo che mi sono prefissato tre anni fa quando ho iniziato a lavorare per Soul Skin un progetto che non porta il mio nome, ma che rispecchia pienamente la mia persona. Mi sono immaginato un mondo personale nel quale estraniarmi tramite una visione ben precisa di donna e di uomo. Studio molto, non si finisce mai di imparare ed evolversi. Lo stesso vale per la propria creatività: va indirizzata, curata e molto spesso, messa in discussione. La mia ricerca prende forma in canoni estetici molto rigidi e razionali nell'uomo, soldato di un esercito indipendente, anima forte che si dedica allo sviluppo del corpo come arma e della mente come liberazione sociale. Una base su cui riversare la mia razionalità clinica. La donna, creatura che sento il bisogno di curare collezione per collezione per renderla sempre più emotivamente instabile, deve essere disarmante con la propria bellezza estetica, priva di sentimentalismi patetici e patinati. Una creatura inarrivabile. È lì, che penso troverò la mia chiave di lettura alla follia.
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SENTIMENTI. Immaginare e riprodurre la realtà è il traguardo irraggiungibile che mi sono prefissato. La verità fredda e personale intrinseca in ognuno di noi toccando le emozioni nel modo più reale possibile, sconvolgendo anche solo per un istante l'interlocutore. Ecco cosa mi fa amare questo lavoro. La possibilità di stravolgere silenziosamente i sentimenti di altre persone ed impregnare di questi sentimenti il prodotto che andrà a coprirne il corpo di coloro che lo indosseranno. L’atto di coprire il corpo umano per me è una forma d'espressione artistica che può raggiungere apici emozionali unici, dove altre forme artistiche, a mio avviso, non possono arrivare. Il prodotto acquisisce forza emotiva dalla visione globale del brand. Creare un' immagine in continua evoluzione, coerente e riversarla sul prodotto che arriva al cliente finale è tutto. E' un messaggio che passa fra le persone, una divisa, un appartenere e non un consumare. Arrivare a questo non è stato facile. Le problematiche sono state (e saranno innumerevoli), ma la cosa più triste è che le difficoltà vengono create per la maggior parte da persone che non conoscono la virtù o semplicemente, deboli, che vivono e fanno parte di questa società comandata prima dai soldi e poi dalle soddisfazioni e dai rapporti umani, una società più malata di me nella quale non mi riconosco.
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I MURI INTORNO. Un giovane dovrebbe avere le possibilità di concretizzare le proprie idee e di poter esprimere la propria voglia di fare, quella voglia che viene smorzata e troppo spesso uccisa da muri creati dallo stato-società-politica. Muri burocratici e finanziari che hanno creato talmente tanto sconforto nei giovani che l'unica via possibile è andarsene dalla propria terra per cercare possibilità altrove. È davvero tutto un sistema malato e assurdo che spero venga curato al più presto, basterebbe un po' di sana logica. Ho passato tre anni, tre anni che mi piace chiamare " la mia scuola " per arrivare solo ora ad avere una possibilità di guadagno grazie alla mia passione che definiscono lavoro. Penso ai soldi investiti senza avere alcuna entrata, la metà li ho dati allo stato per avere una Partita Iva rischiando più volte di arrendermi di fronte a tali spese, ripeto, senza avere nessun guadagno. A ventitré anni, molti ragazzi capiranno, viene tolto l'entusiasmo e questo per me è follia sociale, considerando che il mio lavoro un giorno potrebbe coinvolgere altre persone creando posti di lavoro. Posso dire che questo stato, è la mia seconda malattia. Grazie ai miei collaboratori riesco a portare avanti le mie collezioni anche ora che sono in ospedale anche se non nego che mi piacerebbe avere, ora che ho costruito le linee guida di un percorso, un supporto da un'azienda consolidata e perché no, magari della mia città.