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Descrivere l’assalto la prova più difficile per i soldati-scrittori

di NICOLA MARANESI
Descrivere l’assalto la prova più difficile per i soldati-scrittori

È il momento centrale dell’esperienza al fronte, il più duro Poi le visioni continue di morti e feriti, la paura, il terrore

25 giugno 2014
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NICOLA MARANESI. «Siamo restati li impalati tutti quanti a guardare là in dove si trovava il macello umano, non si faceva una parola, si era come tanti muti e con la faccia come i cataveri dalla grande impressione» (P. Ferrini).

«Nella selva, cimiteri infiorati di crocette di legno. Ho una paura invincibile e barcollo.Adesso il rombo continua alternato con alcune granate in arrivo. Ho paura. Ho paura» (A. Zapponi).

«Tolta la giubba, ho constatato con terrore, che una scheggia, non voluminosa, ma appuntita, si era conficcata, fra la sesta e la settima costola, sotto la mammella sinistra, proprio dove batte il cuore» (G. Mimmi).

«Passato un po’ di tempo non si pensava più alla vita, tanto ogni momento si vedevano morti e feriti». (E. Nerucci).

L’inquietudine, la paura, il terrore, l’annichilimento. I soldati che hanno combattuto la Prima guerra mondiale hanno lasciato delle chiavi di accesso per rendere comprensibile l’esperienza della vita in trincea. Ne abbiamo citate alcune, ce ne sono molte altre: sono le emozioni, gli stati d’animo che i combattenti hanno provato dall’istante in cui hanno messo piede in zona di guerra al giorno in cui sono usciti dal conflitto. Vivi, o morti.

Queste chiavi di accesso sono state disseminate in migliaia di pagine di diari, memorie ed epistolari che l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano ha raccolto e catalogato dal 1984 a oggi. Milioni di parole scritte da soldati che hanno raccontato come si viveva e combatteva al fronte, ma anche come ci si sentiva dentro in quelle ore passate a uccidere e a non farsi uccidere. Una parte significativa di quelle testimonianze è ora a disposizione di tutti, grazie allo speciale “La Grande Guerra, i diari raccontano” pubblicato sul sito di questo giornale.

È importante misurare se stessi su queste testimonianze. Commemorare il Centenario dallo scoppio della Grande Guerra ha senso, soprattutto per le nuove generazioni, se si riesce a rendere attuale e comprensibile l’evento, a costruire un ponte tra gli esseri umani di allora e di oggi.

In un’Italia completamente cambiata, in un contesto sociale, economico e politico completamente diverso, l’unico punto di contatto tra un ragazzo di vent’anni che cento anni fa partiva per il fronte e un suo coetaneo di oggi, sono le emozioni. Lasciandosi trasportare dalla potenza e dalla genuinità dei racconti, e facendo leva sulla propria sfera emotiva, chiunque potrà immedesimarsi nel vissuto dei soldati in trincea e cercare di afferrare almeno una minima parte di ciò che ha significato andare al fronte. Il “contatto” potrebbe avvenire in diverse circostanze. Molto coinvolgenti sono le testimonianze che raccontano l’approccio con la zona di guerra, con il senso di inquietudine che accompagna l’ingresso in trincea, amplificato dalla prospettiva claustrofobica e all’invisibilità del nemico.

Notevole è l’evoluzione degli stati d’animo di chi è costretto a subire, giorno e notte, il tiro ravvicinato dei fucili e delle artiglierie nemiche. Una presenza invasiva, quella del pericolo di morte, che modifica la percezione della realtà e che culmina con bombardamenti a tappeto che precedono e accompagnano le offensive.

Poi c’è l’assalto, il momento centrale dell’esperienza di vita e di morte al fronte. I tentativi di descrivere quei frangenti folli e adrenalinici sono sofferti, a volte abbandonati a metà per un’incapacità manifesta di ricostruirli nei dettagli. Così come criptici sono i racconti che parlano della morte somministrata al nemico, con un colpo di fucile o in un assalto alla baionetta. Poi ci sono visioni di feriti e morti che riempiono le giornate in prima linea, la convivenza con gli orrori di un mondo che ribalta tutte le regole della vita civile. Nell’abbandono che si impadronisce di molti, nei tentativi di reazione che portano avanti altri, ciascuno di noi potrà trovare molto di più di un insegnamento che viene dal passato. Potremo ritrovare noi stessi.

@nicomara7

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