La Nuova Ferrara

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Fucilati per aver preso mutande e camicie

Fucilati per aver preso mutande e camicie

Un capitano racconta la decisione di un comandante di brigata di mandare a morte tre soldati

25 giugno 2014
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Le statistiche ufficiali parlano di 750 condanne a morte eseguite durante la Grande Guerra. Ma nessuno potrà mai contare le centinaia e centinaia di soldati passati per le armi su ordine dei comandanti di reparto e sulla base di alcuni specifici articoli del codice penale militare allora in vigore. Paolo Ciotti, capitano in un reggimento della brigata Treviso, racconta nel suo diario un caso clamoroso.

«Tre soldati, fra cui un caporale, erano stati sorpresi dal colonnello Brigadiere (dal 29 agosto all’11 novembre 1917 il comandante della brigata Treviso fu il colonnello brigadiere Giuseppe Barbieri, ndr.), mentre uscivano da una villa di Nervesa con alcuni effetti di biancheria. Vi erano entrati così per quel senso di curiosità, di cui tutti ancora si era invasi nel vedere una casa abbandonata, e trovando nelle stanze deserte della biancheria, avevano innocentemente commesso l’errore di scegliere qualche camicia e qualche paia di mutande per cambiarle con quelle sporche e piene di insetti che tenevano ancora addosso fino dal Settembre».

Il generale li interrogò, prese il nome e cognome di ciascuno e tre ore dopo, quando ancora eravamo a mensa, un porta ordini del Comando di Brigata recò un biglietto scritto a matita con l’ordine perentorio al Comandante della Terza Compagnia di fare immediatamente fucilare da una squadra dello stesso reparto i tre soldati, di null’altro colpevoli, che di avere innocentemente asportato da una casa abbandonata una camicia e un paio di mutande!

A nulla valse che il capitano Brenci e il Colonnello stesso scongiurassero il Comando di Brigata di ridurre la punizione; la belva umana, anzi le belve umane, perché ad influenzare l’animo del generale non fu estraneo, si disse, il capitano Oliva - Aiutante di Brigata - furono irremovibili.

Il ten. medico Aschettino, che fu obbligato di assistere l’esecuzione, raccontò che i soldati della squadra che doveva far fuoco, piangevano e così pure gli ufficiali della Compagnia a cui fu imposto di essere presenti alla tragica scena. Invece non un lamento da parte dei giustiziati; prima di allinearsi, si baciarono e si rammaricarono soltanto, ad alta voce, di essere vittime di piombo italiano, anziché di quello nemico; poi pregarono i compagni di mirar giusto affinché non li facessero agonizzare. Vollero anche non essere bendati ed essere colpiti al petto».