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caccia a 53 sportelli

Bpvi brucia tutti su Marostica È partita l’offerta vincolante

Bpvi brucia tutti su Marostica È partita l’offerta vincolante

La Banca popolare di Vicenza continua a seguire senza tentennamenti la sua road map delle acquisizioni, nonostante la battuta di arresto su Etruria. È di ieri la notizia della presentazione da parte...

27 giugno 2014
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La Banca popolare di Vicenza continua a seguire senza tentennamenti la sua road map delle acquisizioni, nonostante la battuta di arresto su Etruria. È di ieri la notizia della presentazione da parte di Bpvi di una «offerta vincolante per un’eventuale aggregazione di Banca Popolare di Marostica», a seguito «di una specifica attività di due diligence». Esattamente quanto sta succedendo con Carife, e per i ferraresi nelle settimane scorse si parlava di un’offerta non vincolante, cioè di apertura di trattativa, per cominciare. Marostica ha 53 sportelli, la maggioranza dei quali (41) è concentrata nella provincia di Vicenza, con una sovrapposizione quasi completa con Bpvi. Ciò nonostante la banca di Gianni Zonin ha garantito la piena occupazione dei dipendenti di Marostica, come del resto promesso anche ai ferraresi, grazie, è stato spiegato, alla possibilità di fondere le filiali sovrapposte per costruire presidi territoriali più grandi. È evidentemente la stessa filosofia che potrebbe essere applicata al piano industriale ferrarese. Ci sono però diverse differenze tra Marostica e Carife, al di là di quelle dimensionali e territoriali. La banca vicentina, infatti, ha chiuso il 2013 con una perdita netta di 42,876 milioni e non è certo in salute splendente. Sono stati però alzate le coperture dei crediti deteriorati, che sul bilancio 2013 è arrivata al 41%, e gli indici patrimoniali sono ancora elevati. Il total capital ratio, per dire, è pari al 16,44.

Anche il trattamento da parte di Bankitalia appare differente rispetto a Carife, almeno a giudicare dagli atti (le motivazioni, come è ormai noto, non si conoscono). L’ispezione conclusa alla fine dell’anno scorso, infatti, aveva riportato un giudizio «in prevalenza sfavorevole» ed era accompagnata da una richiesta molto precisa: «Ricambio totale dei componenti del cda e del collegio sindacale, comprese le figure di vertice». Niente commissariamento, quindi, ma una serie di precise indicazioni anche di tipo industriale, che sono state recepite solo in un secondo tempo. La singolarità è che la situazione di Marostica è precipitata proprio a casa dell’acquisizione, qualche anno fa, di Banca di Treviso proprio dalla Cassa di Risparmio di Ferrara. Un’acquisizione mai davvero digerita dai vicentini, che hanno innescato un lungo contenzioso legale sul prezzo della banca trevigiana. Bankitalia del resto definì l’acquisizione di Treviso come «caratterizzata da una situazione deteriorata nei profili della rischiosità», sollecitando misure molto incisive. Così Marostica è diventata una preda e ha attirato l’interesse di diversi pretendenti: ieri, ad esempio, Banco Popolare ha chiuso in Borsa in calo (-0,9%) in attesa di conoscere se l’istituto avrebbe presentato o meno un’offerta. Sono stati bruciati, i “popolari” e l’altoatesina Volksbank, da Popvicenza, che mira a non far entrare nel suo territorio pericolosi concorrenti.

I vicentini hanno allegato una nota con le misure vitali che tengono ad evidenziare. Oltre 45 miliardi di euro di attivo, 5.500 dipendenti e circa 700 punti vendita (tra filiali, negozi finanziari e punti private) distribuiti in tutta Italia, e lo status di «nona realtà bancaria italiana. Fondato a Vicenza nel 1866 come prima banca popolare del Veneto il gruppo conta oggi su circa 100.000 soci e un milione e trecentomila clienti».