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la banca in vendita

L'assessore regionale: "Carife autonoma aiuta il territorio"

Stefano Ciervo
L'assessore regionale Bianchi con il sindaco di Ferrara Tagliani
L'assessore regionale Bianchi con il sindaco di Ferrara Tagliani

Patrizio Bianchi parla di ‘responsabilità morale’ della banca L’offerta di Popvicenza? "Non si capisce il piano industriale"

27 giugno 2014
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FERRARA. L’idea che la Cassa di Risparmio di Ferrara venga “disciolta” nella rete della Popolare di Vicenza non piace a Patrizio Bianchi. L’attuale assessore regionale all’Istruzione ha conosciuto dall’interno il mondo Carife, essendo stato consigliere della satellite PopRoma, ma soprattutto è un economista che ha sempre osservato con attenzione gli andamenti localisti inseriti in un’ottica globale. E con indosso occhiali glocal, parlando da Bruxelles dov’è in missione per la Regione, l’ex rettore sposta la prospettiva Carife sulla difesa dell’autonomia e il mantenimento del ruolo di banca territoriale.

Vicenza ha scoperto parte delle sue carte, garantendo piena occupazione ai dipendenti Carife e liquidità al sistema. Non basta?

«Rimango molto freddo nei confronti delle avance di Popvicenza, si fatica a capirne il disegno industriale. Non mi convince questa idea secondo la quale, siccome Popvicenza è una banca territoriale ed è più grande di Carife, allora viene qui e s’impone.  La struttura tecnica della Cassa, nonostante le vicende di questi anni, a mio avviso è rimasta integra ed efficiente, non ha bisogno di nuovi modelli. Se la città continua a sostenerla, allora sono d’accordo con la posizione della Fondazione, e cioè che è il caso di compiere uno sforzo per salvaguardare l’autonomia della banca».

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Ha ancora un senso difendere il ruolo delle piccole banche locali come Carife?

«Credo proprio che ci sia ancora spazio per questo tipo di banche, oggi più che mai. Sino al 1992 il sistema italiano era imperniato sul sistema costruito negli anni ’30, con le tre banche d’interesse nazionale, le cinque banche pubbliche e le locali (casse, rurali, artigiane). Poi sono partiti i processi di concentrazione sui quali ora bisogna riflettere: il sistema è migliore oggi con due grandi banche più una zoppa (Mps, ndr)? Intanto in molte aree del paese è venuto meno il rapporto tra banca e territorio, che si configura come una vera e propria “responsabilità morale”. Non dimentichiamoci che le casse di risparmio sono nate a metà Ottocento proprio per sostenere lo sviluppo dell’economia locale».

Sì, ma ora si aggiungono i requisiti patrimoniali, la Bce, i vincoli stringenti di Basilea 3. Come si fa a resistere?

«Le banche devono certamente essere molto solide dal punto di vista patrimoniale, ma sarebbe il caso di svolgere un’analisi seria anche di quanto ha prodotto Basilea 3. Non ha funzionato, basta osservare la situazione di sofferenza nel quale si trova gran parte del sistema bancario europeo. Fa eccezione il solito nucleo centrale (Germania e confinanti, ndr) che ha tratto giovamento da queste politiche, rafforzate dal governo Barroso. Il resto dell’Europa rischia di diventare marginale anche per quanto riguarda le banche».

In definitiva, può nascere un’alternativa concreta all’ipotesi Popvicenza?

«Sì, quando tutto il territorio si reimpossessa della propria banca. Va certo valutato il piano industriale di Popvicenza, tenendo sempre al centro l’interesse del territorio, ma non vanno scartate ipotesi alternative, anche basate su nuclei più piccoli, magari con una prospettiva di transizione. Ma tocca alla Fondazione entrare nel merito».